Immaginate la musica che farebbe da perfetto sottofondo
in un ospedale psichiatrico, aggiungetevi un filo di malsana e
consapevole cattiveria, e il risultato finale sarà esattamente la
musica dei The Birthday Party. Corre l'anno 1980, quando il combo
capitanato da Nick Cave approda a Londra in cerca di fortuna artistica.
Qui, il panorama musicale è sfaccettato ed eterogeneo: da un lato, le
derive intransigenti e creative del post-punk , dall'altro il tentativo
di un ritorno a canoni espressivi più commerciali e la conseguente
esplosione del nuovo romanticismo e della new-wave elettronica e
piaciona. In questo contesto variegatissimo, e graziea un'intuizione
del visionario dj John Peel, esplode senza mezze misure la violenza
espressiva di Junkyard, coacervo di dannazione, tossicità, blasfemia e
non sense. I componenti della band fanno un uso smodato di alcol e
droghe, i problemi giudiziari per furti e guida in stato di ebbrezza
alcolica si succedono senza soluzione di continuità, mentre le dinamiche
all'interno del combo degenerano progressivamente, a causa soprattutto
dell'istrionica ed " esuberante " personalità di Nick Cave.
Eppure,
nonostante ( o forse grazie ) a tutto ciò, " Junkyard " è il punto più
alto, originale e straniante dell'intera produzione giovanile del
rocker australiano. La miscela è sulfurea e urticante: gothic rock
spinto all'estremo, derive di blues storpio e narcolettico, intuizioni
hardcore, deragliamenti punk rimasticati dalle nuove tendenze. Cave,
invasato come mai, urla, sbraita, biascica, delira.Quando decide di
cantare, somiglia a un Jim Morrison ancora più teatrale, tossico,
sconvolto, o richiama alla mente la sguaitezza espressiva di Captain
Beefheart. Le chitarre di Rolan Howard seminano riff taglienti,
apocalittici, carichi di vetriolo, quasi terrorizzanti. L'immensa
sezione ritmica ( Tracy Pew e Phil Calvert ) scompone e ricompone i
tempi in un'orgia senza fine di accelerazioni, acidissime dilatazioni e
controtempi, nei quali punk, rock, metal e blues si incontrano in un
vortice sonoro adrenalinico. L'effetto finale è quello di un apparente
caos magmatico ( eppure incredibilmente organizzato ) in cui ogni
componente del gruppo da quasi l’impressione di suonare per i fatti
suoi. Il frutto di questo coacervo di violenza e crudeltà sonora sono
tredici canzoni che lasciano attoniti: Hamlet ( Pow,Pow,Pow ), in cui
Amleto è un serial killer che miete vittime con una Cadillac, Dead Joe ,
che pare l'anteprima sonora di Crash, geniale pellicola a firma
Cronemberg; Several Sins che prelude al futuro di Cave e dei suoi Bad
Seeds.
Opera controversa e paranoica, difficilissima da compulsare e, per certi versi, intellettualmente stimolante proprio in virtù della non cultura musicale a essa sottesa, Junkyard è uno di quei dischi che distorce per sempre le orecchie dell’ascoltatore, conducendolo verso i terreni più insidiosi, deliranti e creativi del post punk.
Da evitare se non siete marci dentro. Almeno un poco.
Opera controversa e paranoica, difficilissima da compulsare e, per certi versi, intellettualmente stimolante proprio in virtù della non cultura musicale a essa sottesa, Junkyard è uno di quei dischi che distorce per sempre le orecchie dell’ascoltatore, conducendolo verso i terreni più insidiosi, deliranti e creativi del post punk.
Da evitare se non siete marci dentro. Almeno un poco.
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