(USA, Francia 2011)
Regia: Chris
Kentis, Laura Lau
Cast:
Elizabeth Olsen, Adam Trese, Eric Sheffer Stevens, Julia Taylor Ross,
Adam Barnett, Haley Murphy
Genere: horror in
presa diretta
Se ti piace guarda
anche: La casa muta, Paranormal Activity, The Blair Witch Project
Pensavo che Silent House
fosse il solito ennesimo horrorino ambientato in una casa, una di
quelle che vorrebbero essere spaventose e invece non lo sono manco
lontanamente. Invece, Silent House è una specie di Arca russa in
versione paura. L’intera pellicola è infatti girata con un unico
piano sequenza. Una scena sparata tutta di fila, sebbene qualche
elaborazione in fase di montaggio credo proprio ci sia stata. Una
sola e unica sequenza che ci getta in un incubo senza pause. Il film
è dunque originale nella realizzazione, più che nella trama. La
storia non presenta infatti chissà quali rivelazioni fenomenali,
trattandosi di una vicenda famigliare tesa e ben orchestrata, ma
niente che non si sia mai visto prima.
Al termine della
pellicola: colpo di scena. Ho cercato informazioni sul film e ho
realizzato che l’originalità della messa in scena è molto
relativa, visto che si tratta del remake di un recentissimo horror
uruguayano. Prima della visione di un film, soprattutto se è un
thriller-horror, cerco sempre di saperne il meno possibile, e quindi
mi era sfuggito questo “dettaglio” mica da poco.
Ma, comunque, un film
uruguayano???
Perché, in Uruguay fanno
film?
A quanto pare sì, e a
quanto pare per limitare le spese li girano con un solo
pianosequenza, tutto in presa diretta, buona la prima che così si
risparmia!
Ho trovato Silent House
parecchio originale, finalmente un horror originale dopo tanti tutti
uguali e alla fine scopro che l’idea gli americani l’hanno
rubata? La cosa non sorprende certo, visto che negli ultimi tempi
vanno a caccia di idee in tutto il mondo, dalla Danimarca di
Forbrydelsen ispirazione per la serie tv The Killing alla Francia dei
thriller Pour Elle (diventato The Next Three Days), Anthony Zimmer
(coverizzato con l’orrido The Tourist) e Crime d’amour (che
diventerà Passion nelle sapienti mani di Brian De Palma).
E ora, vanno a scippare
persino l’Uruguay.
Il merito
dell’originalità va dunque alla pellicola sudamericana, grazie
allo spunto davvero geniale di realizzare un horror con un solo piano
sequenza. Idea azzeccatissima, visto che una ripresa senza stacchi e
continua, come se stessimo assistendo all’orrore in diretta, è
perfetta per un film de paura.
Il remake americano, un
instant remake visto che è arrivato a pochi mesi di distanza
dall’originale, ha invece il merito di aver replicato l’idea e
averlo fatto in maniera impeccabile.
Non avendo visto la
versione uruguagia evito i confronti diretti e mi limito a
sottolineare come questo Silent House in versione americana sia (per
fortuna) lontano dagli altri horrorini americani in circolazione. La
regia procede senza sbavature a costruire una escalation di tensione
notevole e si inventa anche qualche bella trovata per spezzare la
monotonia del piano sequenza che dopo un po’ inevitabilmente
rischia di annoiare (ad esempio con l’espediente dei flash della
macchina fotografica a spezzare il buio), anche se magari pure queste
idee sono state copiate dall’originale. Ma vabbè, non indaghiamo
oltre…
Il merito maggiore della
pellicola è però l’intepretazione davvero mostruosa della
protagonista, Elizabeth Olsen. Se avete visto l’ottimo La fuga di
Martha (Martha Marcy May Marlene) non vi stupirete, visto che pure lì
offriva un’interpretazione a dir poco super-lativa. Qui non è
affatto da meno, anzi. Il piano sequenza è una prova dura per un
regista, figuriamoci per un’attrice che praticamente sta davanti
alla macchina da presa per tutto il tempo. Se a ciò aggiungiamo
l’evoluzione del suo personaggio nel corso della vicenda e gli
elementi di follia presenti, questa è una prova di recitazione
letteralmente pazzesca. E pensare che questo è il suo primo film,
mentre La fuga di Martha è il suo secondo e a questo punto questa
qui potrebbe rivelarsi una delle migliori attrici dei prossimi 50
miliardi di anni. Giusto per fare un tantino gli esagerati. E
pensare, soprattutto, che Elizabeth è la sorella delle scimmiette
gemelle Olsen, Mary-Kate ed Ashley, due che insieme non raggiungono
nemmeno la metà di un millesimo del suo talento.
Se non avete compreso ciò
che ho detto, prendete una calcolatrice.
Per terminare questo
piano sequenza di post, Silent House è insomma un horror teso,
tesissimo, parecchio coinvolgente e che offre una prova recitativa
eccezionale. Cosa che nel caso di un horror è davvero raro dire,
visto che spesso le donne nelle pellicole di questo genere vengono
trattate come carne da macello o, al più, come tette che scappano
dal mostro di turno. E questo vale per classici del genere come
Halloween con Jamie Lee Curtis, quanto per trashate più recenti come
Piranha 3D e variazioni simili. Invece qui troviamo una Elizabeth
Olsen che fa paura sì, tanto è brava a reggere la scena dall’inizio
alla fine. L’altro grande pregio è l’originalità della scelta
del piano sequenza. Su tutto però si cela l’ombra della pellicola
originale. Se l’avete vista, questo potrebbe sembrarvi giusto un
furbo instant remake fotocopiato. Se ve l’eravate persa (dopo
tutto, chi se li guarda, i film uruguayani?), questo probabilmente
sarà anche per voi, così come è stato per me, il trip horror
perfetto per questo Halloween.
(voto 7/10)
Cannibal Kid
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