venerdì 20 luglio 2012

Gram Parsons - GP



Il rock, si sa, è anche letteratura. C'è la musica, ci sono i dischi e i concerti. Ma ci sono anche le leggende, tramandate di generazione in generazione, i miti di dannazione, la cronaca nera, e storie, a volte vere, altre palesemente inventate, che hanno comunque contribuito ad amplificare le suggestioni attorno alla vita di un artista o di una band. Credo abbiate presente di cosa parlo: Jim Morrison ancora vivo, Kurt Cobain ucciso dalla moglie, Paul McCartney morto nel 1966 in un incidente d'auto, i riti satanici di Plant e Page, l'omicidio di Peter Tosh e quello di Marvin Gaye, le crisi epilettiche di Ian Curtis, l'aereo di Buddy Holly e Ritchie Valens. Di quanti misteri, aneddoti, tragedie e inquietanti pettegolezzi è costellata la storia del rock? Un'infinità, direi, tanto che se vi venisse voglia di fare un salto in libreria, trovereste una più che discreta bibliografia in materia.
Una delle storie che più di altre è capace di accendere la fantasia è quella che riguarda Gram Parsons, chitarrista sublime, musicista rivoluzionario, membro di band storiche come Byrds e Flying Burrito Bros. Gram, detto "faccia d'angelo", per i tratti delicati del viso e l'eterea bellezza, morì a soli 27 anni per un overdose di eroina, non prima di lasciare ai posteri almeno un paio di dischi epocali, capaci di riscrivere la cifra stilistica del roots americano e di aprire il futuro alle avanguardie dell'alt-country. Parsons, chi era costui? Un giovane infelice, soprattutto, che nella musica trovò la propria redenzione e il proprio riscatto da un'esistenza marchiata da miserie morali e affettive. Il padre suicida, la madre alcolizzata, i difficilissimi rapporti con il cinico padrino, furono stigmate di dolore che incisero profondamente l'anima dell'angelo Gram, fino a condurlo in un baratro di dipendenze e stravizi che gli bruciarono la giovinezza e la vita. Morì in un albergo presso il The Joshua Tree, dopo un festino a base di alcol, sesso e droga, in uno di quei deliri orgiastici a cui se sopravvivi hai storie da raccontare agli amici per il resto della vita. Questa è la storia, sono i fatti incontrovertibili.



Da quella notte di settembre in poi nascerà però anche un'incredibile leggenda, i cui dettagli, confusi  e contraddittori, sono il sale di avvenimenti che sembrano usciti dalla penna di un romanziere. Qualche tempo prima, ai funerali dell'amico Clarence White, Gram esprime un desiderio e ne fa partecipe il manager, ed amico fidato, Philip Kaufmann: "Se mi capitasse di morire, non voglio un funerale così. Portatemi al Johsua Tree, ubriacatevi in nome della mia memoria e date fuoco al mio cadavere ". Kauffman promette che lo farà, più per blandire l’amico, che per convinzione. Gram però muore davvero e il suo padrino, assetato di denaro e spinto dal desiderio di sfruttare al meglio la morte del famoso figlioccio, impone che Parsons venga sepolto in Lousiana, dove pensa di fare soldi facili allestendo un mausoleo alla memoria. Kaufmann si ricorda della promessa fatta e decide di mantenerla. Con una serie di espedienti riesce a trafugare il corpo dell'amico e inseguito dalla polizia, a bordo di un finto carro funebre, conduce il feretro dell’amico, non senza difficoltà, fino al deserto di Joshua. Dopo una sbronza notturna epocale, il corpo di Parsons viene dato alle fiamme, rendendo così onore ai desiderata del chitarrista.



Sarà vero? Pare di si, anche se le versioni sulla vicenda sono assai confuse e ben poco esaustive. Resta comunque la suggestione del mito, e una pagina di storia del rock che tratteggia mitizzandolo, il desiderio di immortali tà inseguito da tanti artisti. Parsons ha incarnato nel modo più epico possibile
l'antico brocardo che recita "Chi muore giovane è amato dagli dei". Perfetto per una rockstar, perfetto per chi pensa che la vita vada bruciata subito, prima che la ruggine faccia il suo corso. La musica e la morte vanno spesso a braccetto. L'eternità, la fama imperitura, sono talvolta figlie di un decesso prematuro o cruento. Nel caso di Gram, c'è anche un sogno di libertà, un sogno di capelli al vento, di cavalli sbrigliati nelle praterie del Paradiso. E' il rock che scrive la sua pagina più leggendaria: ceneri che si perdono nella silenziosa notte desertica come le note di un assolo di chitarra improvvisato dal destino. Ci sono musicisti pessimi che hanno trovato gloria in leggende come questa, senza avere avuto un briciolo di caratura artistica (un esempio per tutti è Sid Vicious).



La leggenda di Parsons però vive anche nei suoi dischi, nella sua idea rivoluzionaria di country, nella sua visionaria ed eclettica creatività. "Cosmic American Music", amava definirla. La tradizione musicale del proprio paese resa universale, alla portata di tutti. GP parte dal country, ma ne modifica completamente le coordinate. Non è solo la contaminazione con il rock ed il blues. Parsons ha una visione prematuramente indie, che influenzerà in seguito generazioni di musicisti, dai Wilco a Beck fino a Micah P.Hinson. Gram semplifica, scarnifica, elimina ogni retorica espressiva dalla propria idea di musica, che concepisce su un retroterra espressivo minimalista, e per questo di almeno due decenni all'avanguardia. Il chitarrista riprende i classici della musica rurale (Streets of Baltimore, That's all it took) e scrive ex novo canzoni che lasciano senza fiato, per intensità e ispirazione. Su tutte,  A song for you, dedicata alla madre, la delicata e nostalgica The new soft shoe, e il capolavoro  She, che anticipa di un anno il soliloquio intimista del Jackson Browne in  Late for the sky. Un disco visionario, a tratti dolcissimo (grazie anche alla performance vocale di Emmylou Harris, pigmalione artistico e affettivo del chitarrista), che a distanza di quasi quarantanni riesce ad incantare anche quelli che come me, il country lo masticano poco e lo digeriscono anche meno.

Blackswan

1 commento:

Unknown ha detto...

Bellissimo! GP è uno dei tanti Grandi Dimenticati, vuoi perchè raramente era sotto i riflettori in prima persona, vuoi per sfortuna, vuoi, perchè no? per scelta...