Carissima RosaLux,
è vero, non trovo
stanza; ma qui, peggio che altrove. E poi.. - forse m’inganno –
ma parmi di trovar poco cuore: né posso incolparli; tutto si
acquista; ma la compassione e la generosità e, molto più, certa
delicatezza di animo nascono sempre con noi, e non le cerca se non
chi le sente.
Pur troppo questa galante
gentaglia è affetta da generosità, perché non ha coraggio di
vendicarsi palesemente; ma chi vedesse i notturni pugnali, e le
calunnie, e le brighe!
Frattanto l’occasione
mi ha smascherato tutti que’ signorotti, che mi giuravano tanta
amicizia, che a ogni mia parola faceano le meraviglie, che ad ogni
ora mi proferivano la loro borsa e il lor cuore! Sepolture! Bei
marmi, e pomposi epitaffi, ma se tu li schiudi vi trovi vermi e
fetore.
Quando penso agli
ostacoli che frappone la società al genio ed al cuore dell’uomo, e
come ne’ governi licenziosi o tirannici tutto è briga, interesse e
finzione… io m’inginocchio a ringraziar la natura che
dotandomi di questa indole nemica di ogni servitù, mi ha fatto
vincere la fortuna e mi ha insegnato ad innalzarmi sopra la mia
educazione.
S’io avessi venduta la
fede, rinnegata la verità, trafficato il mio ingegno, credi tu ch’io
non vivrei più onorata e tranquilla? …forse più che l’amore
della virtù il timore della bassezza m’ha trattenuta sovente da
quelle colpe, che sono rispettate ne’ potenti, tollerate ne’ più,
ma che per non lasciare senza vittime il simulacro della giustizia
sono punite nei miseri.
Quel che importa, si è
(e tu in ciò sei d’accordo), che questa indole mia schietta,
ferma, leale, o piuttosto ineducata, caparbia, imprudente, e la
religiosa etichetta che veste d’una stessa divisa tutti gli esterni
costumi di costoro, non si confanno; e davvero io non mi sento in
umor di cangiar d’abito. Anzi buona o rea ch’io sia, ho la
generosità, o di’ pure la sfrontatezza, di presentarmi nuda, e
quasi quasi come la madre natura m’ha fatta.
Sarei matta se avendo
trovato nella mia solitudine la tranquillità de’ beati, i quali
s’imparadisano nella contemplazione del sommo bene, io per… per
“evitare il pericolo d’innamorarmi” (ecco la tua stessa
espressione) mi commettessi alla discrezione di questa ciurma
cerimoniosa e maligna.
Nella società si legge
molto, non si medita, e si copia: parlando sempre, si svapora quella
bile generosa che fa sentire, pensare, e scrivere fortemente: per
balbettar molte lingue, si balbetta anche la propria, ridicoli a un
tempo agli stranieri e a noi stessi.
RosaLux! S’io dovessi
far sempre la guardia a questo mio cuore prepotente, sarei con me
stessa in eterna guerra, e senza pro. Mi butto a corpo morto e vada
come sa andare.
Io non lo so… ma temo
che la natura abbia costituita la nostra specie quasi minimo
anello passivo dell’incomprensibile suo sistema, dotandolo di
cotanto amor proprio, perché il sommo timore e la somma speranza,
creandoci nella immaginazione una infinita serie di mali e di beni,
ci tenessero pur sempre occupati di questa esistenza breve e dubbia.
E mentre noi seguiamo
ciecamente il suo fine, ride ella frattanto del nostro orgoglio che
ci fa reputare l’universo creato solo per noi, e noi soli degni e
capaci di dar leggi a tutto quello ch’esiste.
Tanti affanni assediano
la nostra vita,
che per mantenerla
vuolsi non meno che un
cieco istinto prepotente
per cui siamo spesso
forzati
- quantunque la natura ci
porga
i mezzi per liberarcene –
a comperarla
coll’avvilimento,
col pianto, e talvolta
ancor
col delitto!
E per questo, oh quanto è
men doloroso andar accattando porta in porta la vita, anziché
umiliarsi, o esecrare l’indiscreto benefattore che, ostentando il
suo beneficio, esige in ricompensa il tuo rossore e la tua libertà!
Essendo più agevole approvar la virtù, che sostenerla a spada
tratta e seguirla; e noi siam soliti ad associarci al più forte,
a calpestare chi giace, e a giudicar dall’evento.
Ma l’infelice che serba
la sua dignità è uno spettacolo di coraggio ‘a buoni, e di
rimbrotto a’ malvagi. Pur troppo!, noi sfuggiamo d’intendere i
mali de’ nostri amici; le loro miserie ci sono gravi, e il nostro
orgoglio sdegna di porgere il conforto delle parole, sì caro agli
infelici, quando non si può unire un soccorso vero e reale.
Ci fabbrichiamo la realtà
a nostro modo; i nostri desiderj si vanno moltiplicando con le nostre
idee; sudiamo per quello che, vestito diversamente, ci annoja; e le
nostre passioni non sono in fine del conto che gli effetti delle
nostre illusioni.
Così vaneggio! Cangio
voti e pensieri, e quando la natura è più bella, tanto più vorrei
vederla vestita a lutto. O illusione! Questa notte… tutto tutto mi
gridava: infelice tu deliri! Spaventata e languente mi sono buttata
boccone sul letto abbracciando il guanciale, e cercando di
tormentarmi nuovamente e d’illudermi.
E tu, mia RosaLux,
m’abbandonerai tu? L’amicizia, cara passione della gioventù, e
unico conforto dell’infortunio, langue nella prosperità. Oh gli
amici, gli amici! Tu non mi perderai se non quando io scenderò
sotterra. Ed io cesso di querelarmi talvolta delle mie disgrazie,
perché senza di esse non sarei degna forse di un’amica; né avrei
un cuore capace di amarla.
Ahi società! E se non vi
fossero leggi protettrici di coloro che, per arricchire col sudore e
col pianto de’ proprj concittadini, gli spingono al bisogno e al
delitto, sarebbero poi sì necessarie le prigioni e i carnefici? Io
non sono sì matta da pretendere di riordinare i mortali. No no; io
non voglio più respirare quest’aria fumante sempre del sangue de’
miseri. Non voglio più oltraggi, né favori da veruno degli uomini
possenti. E fosse anche una debolezza; le debolezze degli uomini
sommi vanno rispettate: e chi n’è senza, scagli la prima pietra.
O antica mia
solitudine. Ove sei tu?
Mi compiaccio delle mie
infermità, io stessa palpo le mie ferite dove sono più mortali, e
cerco d’inasprirle, e le contemplo insanguinate… e mi pare che i
miei martirj rechino qualche espiazione alle mie colpe, e un breve
refrigerio ai mali che ho causati.
Mia RosaLux, tu non hai
torto, mai, ma dove cercherò asilo? In Italia? Infelice terra!
Premio sempre della vittoria. Potrò io vedermi dinanzi gli occhi
coloro che ci hanno spogliati, derisi, venduti, e non piangere d’ira?
Devastatori de’ popoli, si servono della libertà come i papi si
serviano delle crociate.
Temo che spogliandoli
della magnificenza storica e della riverenza per l’antichità, non
avrò molto a lodarmi né degli antichi, né de’ moderni, né di me
stessa… umana razza! Così noi tutti Italiani siamo fuoriusciti e
stranieri in Italia, e lontani appena dal nostro territoriuccio, né
ingegno, né fama, né illibati costumi ci sono di scudo; spogliati
dagli uni, scherniti dagli altri, traditi sempre da tutti,
abbandonati da’ nostri medesimi concittadini i quali, anziché
compiangersi e soccorrersi nella comune calamità, guardano come
barbari tutti quegli italiani che non sono della loro provincia, e
dalle cui membra non suonano le stesse catene… Dimmi, RosaLux,
quale asilo ci resta? …e perché io debbo dunque, o mia patria,
accusarti sempre e compiangerti, senza niuna speranza di poterti
emendare o di soccorrerti mai?
In tutti i paesi ho
veduto gli uomini sempre di tre sorta: i pochi che comandano,
l’universalità che serve, e i molti che brigano. E sia così:
lascio il mondo com’è. Ma.. credimi, la fama degli eroi spetta un
quarto alla loro audacia, due quarti alla sorte, e l’altro quarto
ai loro delitti. “Goditi il mondo com’è, e tu vivrai più
riposato e men pazzo”. Ma non è vile quell’uomo che è travolto
dal corso irresistibile di una fiumana, bensì chi ha le forze e non
le adopra. I governi impongono giustizia; ma potrebbero imporla se
per regnare non l’avessero prima violata? E poiché l’umana
schiatta non trova né felicità né giustizia sulla terra, crea gli
Dei protettori della debolezza e cerca premj futuri del pianto
presente.
Gli amori della
moltitudine sono brevi
ed infausti:
giudica,
più che dall’intento,
dalla fortuna;
chiama virtù il delitto
utile,
e scellerataggine
l’onestà che
le pare dannosa;
e per avere i suoi plausi
conviene
atterrirla,
o ingrassarla,
e ingannarla sempre.
I mortali sono
naturalmente schiavi, naturalmente tiranni, naturalmente ciechi. E
s’io commetto un’azione dannosa ai più, io sono punita, mentre
non mi verrà fatto mai di vendicarmi delle loro azioni, quantunque
ridondino in sommo mio danno. Ciascun individuo è nemico nato
della società perché la società è necessaria nemica degli
individui.
“Ma i debiti i quali tu
hai verso la società?” Debiti? Forse perché mi ha tratta dal
libero grembo della natura quando io non aveva né la ragione, né
l’arbitrio di acconsentirvi, né la forza di oppormi, e mi educò
fra i suoi bisogni e fra i suoi pregiudizi? RosaLux, perdona s’io
calco troppo su questo discorso tanto da noi disputato. Posso dire:
io sono un mondo in me stessa; ed intendo d’emanciparmi perché mi
manca la felicità che mi avete promessa. Torno a piangere e a
tremare, corrotta quasi dal mondo, dopo avere sperimentati tutti i
suoi vizj… Ah no! i suoi vizj mi hanno per brevi istanti forse
contaminata, ma non mi hanno mai vinta! …ho cercato virtù nella
solitudine.
E scrivendoti, mi libero
alquanto da’ mie’ pensieri, e la mia solitudine diventa assai
meno spaventosa.
Addio, mia sola amica,
addio.
Sempre tua,
(accostamento di brani
dal libro Ultime lettere di Jacopo Ortis di Ugo Foscolo, con
qualche adattamento di nomi, di genere, di punteggiatura e di accapo)
4 commenti:
esercizio dolce e terribile cercare virtù nella solitudine...
Già, se funziona contro le cattive influenze, impedisce anche le esperienze positive..
Ho sempre adorato l'Ortis, e anche altre cose di Foscolo, autore secondo me troppo poco considerato. Bella questa versione, di una storia che si ripete nella Storia.
Quando le cose si ripetono, potremmo sfruttare l'occasione per fare meglio.. In effetti pensavo fosse questa l'unica sua opera (quasi l'unica)..
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