giovedì 14 giugno 2012

È un classico

Quest’anno è iniziato sotto la stella dei buoni propositi. Ne ho fatti in tutto uno: leggere di più.
Io infatti mi pongo obiettivi alla mia portata, e siccome son già abbastanza impegnata nella vita, perché faccio la disoccupata a tempo pieno, ed è tutt’un’improvvisazione che non sto a dire, non ho tempo per altro. Ci tenevo però a rispolverare e rinvigorire la mia prima passione, e unica, perché tutte le altre cose che mi piace fare fatico a chiamarle “passioni”. Ci tenevo anzi a riappropriarmene, dopo che il mio io-carceriere aveva detto che leggere è una perdita di tempo (il mio io-hyppie l’ha fatto fuori nell’autunno 2011, tranquilli).
A proposito di letture (non dei miei io) l’evento più importante del mio 2012 è senz’altro aver iniziato, portato avanti con calma, e finito di leggere Anna Karenina, e ce l’avevo a portata di mano solo da tre mesi, che volete che sia leggere un mattone in quasi tre mesi, per una che un tempo leggeva almeno un libro al giorno?

Se mi è piaciuto? Sì, perché è molto attuale nei sentimenti e negli atteggiamenti, pur essendo ambientato in altri luoghi e altri tempi: i pensieri, le paranoie, le mire sociali, le convenzioni e la paura delle critiche sociali, il fatto che non per tutti siano priorità comprensibili. Il mio personaggio preferito è Levin, nella cui vita c’è un ideale che, purtroppo, non è andato del tutto soddisfatto; sognava una famiglia di un certo tipo, si è sposato con una scemetta con la testa piena di fesserie convenzionali: la cerimonia di nozze secondo un’usanza quasi burocratica, la tradizione, gli oggetti necessari in una casa che si rispetti, le persone della famiglia che le devono ruotare attorno prendendo in mano la situazione, nonché la vita di tutti compresa quella di Levin. Non l’ho invidiato poveretto, anzi mi è dispiaciuto per lui, perché aveva la sua azienda agricola, il suo lavoro nel quale credeva, studiava per migliorare l’azienda, per modernizzarla a modo suo e compatibilmente con quei tempi, quali che fossero io non l’ho capito, si preoccupava dei suoi contadini nonostante loro per primi fossero diffidenti verso i cambiamenti, e sognava di sposarsi e di avere una famiglia, ma purtroppo non aveva la più pallida idea di cosa l’aspettasse, perché pur essendosi sposato per amore, ha dovuto star dietro a tutta quella serie di regolette convenzionali che gli hanno quasi rovinato l’idillio. In ogni caso lui non ne capiva la necessità.

Vogliamo parlare di Kity? Mi sta sul cazzo. Quella non si è sposata con Levin per amore!, si è sposata solo perché Vronskj l’aveva mollata per mettersi con l’Anna. Una ragazzina lagnosa, questa è la mia Kity, le avrei dato due schiaffi, a lei e a sua sorella che, poiché Levin si era fatto da parte col cuore ferito, gli ha lavato ben bene il cervello per convincerlo che Kity in fondo era innamorata di lui e che inizialmente gli aveva detto di no solo perché troppo giovane per capire i propri sentimenti (no, non perché voleva fidanzarsi a tutti i costi, e Vronskj gliel’aveva chiesto per primo ma prima che incontrasse l’affascinante Karenina). E quel cretino le ha creduto. L’amore è proprio cieco ve’. Il lavaggio del cervello naturalmente gliel’hanno fatto solo dopo che Vronskj si è messo con l’Anna, perché inizialmente (e anche successivamente) Levin non piaceva alla famiglia di Kity, non era un buon partito, preferivano Vronskj.

Vronskj e Anna invece. Anna faceva l’inquieta perché credeva che il problema del suo matrimonio fosse la differenza d’età con suo marito e l’amore inesistente, invece con Vronskj non ci sarebbe stato problema, no?: lui l’amava, si amavano, questo vorrà pur dire qualcosa. Certo che sì, se l’amore c’è davvero e l’unione non si basa solo sull’aspetto fisico o sull’età dell’amato, no perché a me è sembrato che Anna fosse un po’ fissata con questo. È un classico: siccome lei aveva mollato il marito per una novità più giovane e prestante, Vronskj appunto, le è venuta la paranoia che Vronskj a sua volta potesse mollare lei per una novità più giovane e attraente, nonché libera di sposarlo, visto che Anna non riusciva ad ottenere il divorzio dal marito (e in ogni caso la sua reputazione non si sarebbe ripulita del tutto). La monotonia della vita di coppia isolata ha fatto il resto: aveva i soldi, la bellezza, le conoscenze giuste, Anna, ma non le servivano più, perché a causa della sua scelta di lasciare il marito è stata tenuta a distanza da tutti, quindi ancora una volta essere conformi alla società e alle aspettative delle persone vicine è una priorità, o comunque è bene far sì che la cosa la.. “non conformità” non si sappia in giro. Anna invece ad un certo punto ha continuato apertamente la sua storia con Vronskj togliendosi da sotto i piedi il pavimento sul quale si basano molte unioni per andare avanti: se la società non l’avesse esclusa (i suoi cosiddetti amici) Anna non avrebbe avvertito come pesante e insopportabile la sua condizione e la sua vita di coppia, così invece non ha retto, e mentre Vronskj cercava di vivere normalmente, lei prendeva ogni di lui abitudine come indifferenza nei suoi confronti, e alla fine come odio.

L’ultima coppia del romanzo è quella composta dal fratello di Anna, già consapevole che nella vita ognuno si deve fare i cazzi suoi di nascosto per poter continuare senza intoppi (sociali), e la sunnominata sorella di Kity, anche lei così legata alle convenzioni da essere disposta a sopportare i tradimenti del marito (peraltro inizialmente era stata convinta proprio da Anna a non lasciarlo) nascondendosi sotto una facciata tranquilla, mentre dentro di sé odia suo marito sempre più fino a staccarsi da lui, a ritirarsi a casa della sorella (povero Levin, ma chi gliel’ha fatto fare di sposarsi, non stava bene da solo nella sua casa in campagna, lontano da questi intrighi mondani?), e a lasciar fare al marito tutto ciò che vuole, nonostante lui non le avesse mai chiesto il permesso di farsi le istitutrici dei figli. La coppia più falsa del mondo.
Non è attualissimo?

Devo dire che in mezzo a tutti questi sguardi, pettegolezzi, chi ha detto cosa a chi e soprattutto quando ma non importa perché, cose sconvenienti e cose che vanno fatte, amori e tradimenti vari, quasi quasi la parte più interessante di tutto il romanzo sono i discorsi di economia e agricoltura che faceva Levin, il quale mi ha annoiato solo un po’ alla fine, quando ha incominciato a riflettere sulla religione in direzione di una moderata (ri)conversione, oramai contagiato e traviato dalla moglie che, buona buona e senza la consapevolezza di irretire il proprio marito, dava anzi per scontato che lui in fondo al cuore credesse in dio, e alla fine pure lui ha creduto di crederci. Ecco che Levin si è lasciato trasportare da quell’associazione a delinquere femminile, mentre io speravo che rapisse suo figlio neonato e scappasse, invece no, si è adeguato. Per amore, dite voi? Beh, ma per amore le persone devono essere accettate per quello che sono e non guardate e trattate per quello che si vorrebbe che fossero. Perciò dico che Kity non lo ama e mi sta sul cazzo, mentre lui poveretto c’è cascato in pieno ma sapete che vi dico? Cazzi suoi: io il libro l’ho finito ed ora posso pensare al prossimo thriller che leggerò.

Elle

2 commenti:

Adriana A ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Adriana A ha detto...

Sono capitata davvero per caso nel tuo blog.
Interessante e divertente questa tua analisi di Anna Karenina.
Condivido la tua antipatia per Kitty; Anna, però, io l'ho sentita come una donna vera, autentica, sommersa dai dolori che deve sopportare e da quelli che si crea da sola a causa di tutti quei suoi castelli mentali.
Tuttavia, ritengo che la somma di queste due donne sia una vera donna contemporanea, costantemente sospesa tra la leggerezza e il dolore.
Mi è piaciuta la tua recensione!