mercoledì 13 giugno 2012

Omaggio a Ray Bradbury
(1920-2012)


Fahrenheit 451
(UK 1966)
Regia: François Truffaut
Cast: Oskar Werner, Julie Christie, Cyril Cusack, Anton Diffring, Alex Scott
Genere: distopico
Se ti piace guarda anche: Pleasantville, Orwell 1984, Gattaca

“I libri sono soltanto un mucchio di spazzatura. Non servono a niente.”

Forse per alcuni libri, la frase pronunciata dal capo dei ‘pompieri’ di Fahreinheit 451 non è nemmeno tanto campata per aria…



Questioni mocciane a parte, 451 gradi Fahrenheit è la temperatura di autocombustione della carta. E alla fine nemmeno solo quella. Ad occuparsi di quest’operazione incendiaria ci pensano paradossalmente i pompieri. Nel futuro distopico immaginato negli anni ’50 da Ray Bradbury e portato su grande schermo nei 60s da François Truffaut, i pompieri infatti i fuochi non li spengono bensì li accendono, per bruciare i libri.
Perché lo fanno?
Perché i libri rappresentano la cultura, la fantasia, il libero pensiero, contribuiscono a rendere ‘diversi’ dalla massa uniforme, schiava del governo, delle regole e della televisione.

Il racconto originale di Ray Bradbury è stato pubblicato per la prima volta nel 1953 su Playboy, alla faccia di chi pensa che il porno sia solo cul e non cultura, andando a fare il paio con 1984 di George Orwell (pubblicato nel 1949). Per quanto entrambi siano riflessioni di stampo fantascientifico sui regimi totalitari, risultano storie sempre attuali e avvertimenti utili anche per gli stati (teoricamente) democratici in cui abbiamo la fortuna di vivere oggi.
Le regole sono una delle basi su cui si fonda una società e, per quanto io non abbia nessuna voglia di cantarne le lodi, sono necessarie. Il problema è quando queste regole diventano opprimenti, proibizioniste e finiscono per diventare assurde. La cosa ancora peggiore è però quando le persone smettono di rendersi conto di quanto assurde esse siano.

In Fahrenheit 451 la gente, pure i bambini, si divertono a vedere prendere fuoco i libri. Non ci sono proteste. Non c’è una ribellione. La società è stata addomesticata al punto che quasi nessuno riesce a pensare a un mondo differente. Per quanto immaginato in maniera meno complessa e stratificata rispetto al romanzo di Orwell, anche il governo del racconto di Bradbury ha vinto. Ha annientato le persone, le ha rese tutte uguali, ha annullato il libero pensiero, ha regalato a tutti un’apparente felicità fatta di pillole e programmi idioti alla tv che ti danno l’illusione di poter diventare anche tu un protagonista. Non mi sembra un quadro tanto diverso da quello dipinto dalla società capitalista attuale dominata dai reality-show e dal pensiero di dover possedere determinati oggetti per uniformarsi alla massa. Anche se per fortuna adesso stiamo, forse, passando da un’era dominata dalla tv, un medium che lascia lo spettatore passivo, a una dominata o meglio accompagnata da Internet, medium che invece non ha un centro e lascia l’utente attivo, in una posizione realmente democratica. Almeno fino a che non cercheranno di regolamentare troppo anche la rete. E ci stanno provando.



La bellezza delle grandi storie è proprio questa, riuscire a parlare a epoche differenti con immutata efficacia. François Truffaut ha trasportato questa grande storia su grande schermo dall’alto del suo grande talento registico, con il suo primo film a colori nonché la sua prima produzione internazionale. Il francese ha adottato uno stile visivo molto 60s, si è divertito a usare vari stratagemmi cinematografici, rimanendo comunque sempre concentrato soprattutto sulla storia, ed ha inserito anche un paio di chicche-omaggi: in mezzo ai libri bruciati figura un numero di Cahiers du cinéma, prestigiosissima rivista cinematografica francese per cui lo stesso Truffaut scriveva, mentre nel finale viene citato Cronache marziane, raccolta di racconti realizzata dall’autore di Fahrenheit.



Venendo al finale, il film riesce a regalare un messaggio di speranza. Nel corso della pellicola non vi sono momenti particolarmente violenti, a eccezione della scena in cui un’anziana appassionata di libri viene bruciata viva insieme a loro o del ‘finto’ omicidio del protagonista Guy Montag. L’umanità di Fahrenheit 451 non è annientata tanto sul piano fisico, quanto su quello culturale. E non c’è cosa peggiore. Essere oppressi, senza neppure rendersene conto.
A questa umanità del tutto annientata si contrappongono per fortuna alcuni spiriti liberi, o forse è meglio definirli spiriti libri. Persone che imparano a memoria ognuno un libro differente, in modo da poter tramandare a livello orale la tradizione letteraria. Quella dei grandi autori. Quelli come Moccia? No, quelli come Ray Bradbury.

(voto 7,5/10)


Cannibal Kid

3 commenti:

giacy.nta ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
giacy.nta ha detto...

Molto bella la tua doppia recensione. Vorrei dire che mi è piaciuta anche l'intuizione iniziale ( quella corredata dalla foto dei libri di Moccia ) ma non devo e non posso farlo, anche perchè, penso che il motto di Heine valga per tutto/i : "Dove si bruciano libri, si finirà per bruciare degli uomini"
Ciao!

Cannibal Kid ha detto...

thanx!
naturalmente si trattava solo di una battuta. ben vengano anche i libri, così come i film o i dischi, brutti. fanno solo apprezzare ancora di più quelli belli ;)