Niente di tutto questo, o meglio, più
di tutto questo. L’autore viene inviato per una serie di réportages
nelle zone di confine tra la Lombardia e la Svizzera: quelle “terre
di mezzo” fra la Pianura Padana, la città e la grande civiltà
della montagna, dei suoi abitanti e dei suoi prodotti. Un reportage
gastronomico, iniziato “sotto il segno della gola”, alla ricerca
di coloro che, nel terzo Millennio mantengono vive le tradizioni dei
secoli passati (“…E la candela la sta mai ferma e la se moev
cum’è la memoria, anca el raagn soe la balaustra ricama el quadru
de la sua storia, la ragnatela di me pensee la ciapa tutt quel che
riva scià ma tanti voolt la g’ha troppi bocc e l’è tuta de
rammendà…”).
Un viaggio, che ben presto si trasforma in un moderno pellegrinaggio. Alle soste nei “crotasc” (in italiano, crotti, grotte originate da frane, quindi “attrezzate” di crepe e scanalature che permettono la circolazione dell’aria) antiche cantine ma anche luoghi destinati all’agape conviviale della domenica, ora per lo più chiusi o (nel migliore dei casi) trasformati in preziose trattorie per gustare la “chisciatola” (una sorta di crèpe, fatta con il grano saraceno) o i pizzoccheri di Chiavenna, piuttosto che la “slinzega” (striscia di carne essiccata); il nostro giornalista alterna incontri con antichi artigiani. Quali gli anziani cavatori di pietra. Di quella pietra ollare che troviamo oggi, bella, squadrata, quasi finta nei barbecues che troneggiano nei nostri giardini o sulle nostre terrazze. La stessa pietra che, scura, diventa rovente al sole. Quella “pioda” (in dialetto) sulla quale qualche antico spaccapietre aveva posato un pezzo di toma o di taleggio, inventando (inconsapevole chef) la svizzera raclette o la lombarda cucina alla pioda...
Un viaggio, che ben presto si trasforma in un moderno pellegrinaggio. Alle soste nei “crotasc” (in italiano, crotti, grotte originate da frane, quindi “attrezzate” di crepe e scanalature che permettono la circolazione dell’aria) antiche cantine ma anche luoghi destinati all’agape conviviale della domenica, ora per lo più chiusi o (nel migliore dei casi) trasformati in preziose trattorie per gustare la “chisciatola” (una sorta di crèpe, fatta con il grano saraceno) o i pizzoccheri di Chiavenna, piuttosto che la “slinzega” (striscia di carne essiccata); il nostro giornalista alterna incontri con antichi artigiani. Quali gli anziani cavatori di pietra. Di quella pietra ollare che troviamo oggi, bella, squadrata, quasi finta nei barbecues che troneggiano nei nostri giardini o sulle nostre terrazze. La stessa pietra che, scura, diventa rovente al sole. Quella “pioda” (in dialetto) sulla quale qualche antico spaccapietre aveva posato un pezzo di toma o di taleggio, inventando (inconsapevole chef) la svizzera raclette o la lombarda cucina alla pioda...
Un moderno pellegrinaggio fatto anche
di esperienze e di ricordi di una terra fra laghi e montagna. La
Grigna, il Resegone, il monte Badile: alpi prese d’assalto dai
milanesi in libera uscita, da veri montanari e da scalatori della
domenica. Le montagne di confine, quelle dei contrabbandieri (“ninna
nanna, dorma fioeu che te sognet un sacch in spala per rampegà de
dree al tò pà…….so questa vita che vivum de sfroos in questa
nòcc che prégum de sfroos….”)
Quei rami del lago di Como, spazzati
dalla Breva e dal Tivano (Breva e Tivann, Breeva e Tivann, i tirén e
i molen e i te porten luntàn, varda de scià, varda de là, la
spunda la ciàma ma la barca la va) . Su su fino all’Engandina, nei
luoghi dove visse i suoi ultimi anni il pittore Segantini per cercare
di vedere e filtrare con i propri occhi tutto quello che il pittore
aveva ritratto nelle sue tele.
Cercare Segantini e scoprire
Giacometti. Il primo che in Svizzere cercava la luce, il secondo, di
quei luoghi nativo, che cercò l’ispirazione altrove…
Ecco, questo è “Cuochi, artisti,
visionari”, di Paolo Paci.
So di aver proposto un triplo salto mortale ai non pratici di dialetti nordici con le citazioni (in originale) delle liriche di Davide van des Sfroos ma l’autentica genuinità delle persone e delle cose incontrate in questo libro hanno spesso richiamato alla mia mente le parole e i personaggi cantati e descritti dal cantautore lariano. Il sottofondo delle sue musiche (in particolare quelle dell’album Breva e Tivan) non è obbligatorio ma vivamente consigliato a chi volesse godere appieno dell’atmosfera che si respira in questo godibilissimo libro di 270 pagine.
I.E.
So di aver proposto un triplo salto mortale ai non pratici di dialetti nordici con le citazioni (in originale) delle liriche di Davide van des Sfroos ma l’autentica genuinità delle persone e delle cose incontrate in questo libro hanno spesso richiamato alla mia mente le parole e i personaggi cantati e descritti dal cantautore lariano. Il sottofondo delle sue musiche (in particolare quelle dell’album Breva e Tivan) non è obbligatorio ma vivamente consigliato a chi volesse godere appieno dell’atmosfera che si respira in questo godibilissimo libro di 270 pagine.
I.E.
Nessun commento:
Posta un commento