sabato 18 maggio 2013

Viaggio di un moderno pellegrino

Il sottotitolo di questo libro “Storie di viaggio da Milano a St Moritz” strideva un po’ con il titolo (Cuochi, Artisti, Visionari), forse per questo ha attirato immediatamente la mia attenzione, di solito poco colpita (o forse, in realtà, diffidente) delle “civette” editoriali. Non riuscivo a capire di cosa si trattasse: reportage di viaggio (non obbligatoriamente devono essere fatti rispetto a mete lontane e paradisiache) o piuttosto l’ennesima opera cultural-gastronomica scritta sull’onda del “mangiare bene è di moda”.
Niente di tutto questo, o meglio, più di tutto questo. L’autore viene inviato per una serie di réportages nelle zone di confine tra la Lombardia e la Svizzera: quelle “terre di mezzo” fra la Pianura Padana, la città e la grande civiltà della montagna, dei suoi abitanti e dei suoi prodotti. Un reportage gastronomico, iniziato “sotto il segno della gola”, alla ricerca di coloro che, nel terzo Millennio mantengono vive le tradizioni dei secoli passati (“…E la candela la sta mai ferma e la se moev cum’è la memoria, anca el raagn soe la balaustra ricama el quadru de la sua storia, la ragnatela di me pensee la ciapa tutt quel che riva scià ma tanti voolt la g’ha troppi bocc e l’è tuta de rammendà…”).
Un viaggio, che ben presto si trasforma in un moderno pellegrinaggio. Alle soste nei “crotasc” (in italiano, crotti, grotte originate da frane, quindi “attrezzate” di crepe e scanalature che permettono la circolazione dell’aria) antiche cantine ma anche luoghi destinati all’agape conviviale della domenica, ora per lo più chiusi o (nel migliore dei casi) trasformati in preziose trattorie per gustare la “chisciatola” (una sorta di crèpe, fatta con il grano saraceno) o i pizzoccheri di Chiavenna, piuttosto che la “slinzega” (striscia di carne essiccata); il nostro giornalista alterna incontri con antichi artigiani. Quali gli anziani cavatori di pietra. Di quella pietra ollare che troviamo oggi, bella, squadrata, quasi finta nei barbecues che troneggiano nei nostri giardini o sulle nostre terrazze. La stessa pietra che, scura, diventa rovente al sole. Quella “pioda” (in dialetto) sulla quale qualche antico spaccapietre aveva posato un pezzo di toma o di taleggio, inventando (inconsapevole chef) la svizzera raclette o la lombarda cucina alla pioda...
Un moderno pellegrinaggio fatto anche di esperienze e di ricordi di una terra fra laghi e montagna. La Grigna, il Resegone, il monte Badile: alpi prese d’assalto dai milanesi in libera uscita, da veri montanari e da scalatori della domenica. Le montagne di confine, quelle dei contrabbandieri (“ninna nanna, dorma fioeu che te sognet un sacch in spala per rampegà de dree al tò pà…….so questa vita che vivum de sfroos in questa nòcc che prégum de sfroos….”)
Quei rami del lago di Como, spazzati dalla Breva e dal Tivano (Breva e Tivann, Breeva e Tivann, i tirén e i molen e i te porten luntàn, varda de scià, varda de là, la spunda la ciàma ma la barca la va) . Su su fino all’Engandina, nei luoghi dove visse i suoi ultimi anni il pittore Segantini per cercare di vedere e filtrare con i propri occhi tutto quello che il pittore aveva ritratto nelle sue tele.
Cercare Segantini e scoprire Giacometti. Il primo che in Svizzere cercava la luce, il secondo, di quei luoghi nativo, che cercò l’ispirazione altrove…
Ecco, questo è “Cuochi, artisti, visionari”, di Paolo Paci.
So di aver proposto un triplo salto mortale ai non pratici di dialetti nordici con le citazioni (in originale) delle liriche di Davide van des Sfroos ma l’autentica genuinità delle persone e delle cose incontrate in questo libro hanno spesso richiamato alla mia mente le parole e i personaggi cantati e descritti dal cantautore lariano. Il sottofondo delle sue musiche (in particolare quelle dell’album Breva e Tivan) non è obbligatorio ma vivamente consigliato a chi volesse godere appieno dell’atmosfera che si respira in questo godibilissimo libro di 270 pagine.

I.E.


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