domenica 28 aprile 2013

Non è mai troppo presto per conoscere un prussiano


Ormai lo sanno anche i bambini che la vita è dura, e affilano le armi sin dalle prime classi. E i vecchi, nel loro rincoglionimento, ricordano solo che la loro infanzia era più serena della loro vecchiaia, in quegli anni c’era la mamma col suo sorriso dolce a mettere il piatto in tavola, e non una badante ottusa. Quindi lo so anche io che a volte la vita è dura, ma decisa ad avere un sorriso dolce, mi rifiuto di vederla come una lotta, eppure ogni anno che passa mi procuro nuove armi sempre più affilate. Quest’anno, ho a che fare con un Paese straniero e una lingua straniera: il primo mi ospita e mi dà lavoro, lungi da me sputare in questo piatto, e poi fra le altre cose che so, c’è che tutto il mondo è paese, e lo so per esperienza diretta. La seconda mi piace troppo per vederla come un nemico, eppure non è che lei collabori tanto con me per aiutarmi a capirla meglio: è snervante, a volte davvero demoralizzante, un giorno dico una frase giusta, con tutte le desinenze al loro posto, uso pure il congiuntivo passivo al passato*, il secondo giorno un cliente mi chiede se abbiamo un qualcosa anche in quest’altro qualcosa, e io sorrido come se mi sentissi lusingata dal complimento, anche se l’unica cosa che ho capito è che non è un complimento, e che avrebbe detto la stessa cosa ad un’altra collega, e che anzi avrebbe fatto meglio a dirlo a lei, così avrebbe avuto subito il suo fascicolo fuori serie della rivista specializzata in storia del Brandeburgo in edizione rilegata, anziché un mio sorriso fuori luogo e basta. Va da sé che in questi frangenti, qualunque sorriso io faccia, anche uno non lusingato, si traduce in un sorriso idiota.
Perciò ho deciso di tirar fuori la mia arma segreta contro il sentirmi costantemente stupida, infatti non posso aprirmi la testa e metterci dentro la lingua tedesca, perciò ho approfittato di una serie da tre di libercoli per bambini che trattano di un argomento che a me piace molto, la storia, sotto una forma che a me di solito non attira, la biografia, in un linguaggio completo eppur semplice, così finalmente ho provato l’ebbrezza di leggere anche in tedesco un libro in un giorno, e di capirlo. Sono o non sono un genio?




Giorno uno: Federico il Grande.
“Ci sono tante, tantissime professioni al mondo. Mamma mia, quanti mestieri si possono fare! Il giudice, ad esempio, o il muratore. I calzolai sono sempre più rari, ma ce ne sono ancora. Anche il mestiere di medico si può prendere in considerazione, o di maestro, o dell’infermiera. C’è un mestiere, però, che in Germania non si può più fare: il re. Infatti il re in Germania non c’è più, questa carica non è più prevista.
300 anni fa, nel 1712, non era ancora così. Quell’anno, precisamente il 24 gennaio, nacque a Berlino un bambino la cui futura professione era prestabilita già dal giorno della sua nascita: sarebbe stato re. Il piccolo Federico, questo era il suo nome, era il figlio del principe ereditario Federico Guglielmo degli Hohenzollern e di sua moglie, la principessa Sofia Dorotea. Il padre di Federico era principe ereditario di Prussia, e la Prussia era uno Stato al quale appartenevano Berlino, il Brandeburgo e una buona parte della costa del mar Baltico.”

La storia di Federico è raccontata come una fiaba, ma anche come una non fiaba: essere principe non era affatto semplice, e l’infanzia di Federico non fu semplice. Oltre ai privilegi dell’essere un principe della casa reale, infatti, non c’erano molti altri momenti di gioia per un principe della casa reale, soprattutto se si aveva un padre che passò alla storia come “re soldato”. Il re di Prussia, infatti, metteva al primo posto l’esercito, di cui suo figlio sarebbe stato un giorno a capo, e pertanto gli impartì sin da piccolo un’educazione di tipo militare. La giornata del piccolo Federico iniziava con la sveglia alle cinque, le prime lezioni alle sette, pasti frugali, esercitazioni militari: a sei anni aveva un piccolo esercito di ragazzini da comandare, veniva svegliato da una cannonata perché suo padre voleva che si abituasse ai rumori della battaglia, doveva dormire su una branda, essere sempre impeccabile nella sua divisa e sempre pronto alle avversità e agli imprevisti. In caso contrario erano scapaccioni e punizioni.
Federico però amava leggere, scrivere e suonare il flauto.





Man mano che cresceva, gli impegni che il suo futuro mestiere gli imponevano a fianco del padre aumentarono, e Federico soffriva sempre più e pensava di fuggire da tutto ciò. Un giorno ci provò seriamente, aiutato da un amico, ma vennero scoperti subito: il re fece rinchiudere Federico in una cella, non poteva vedere nessuno, non poteva leggere né scrivere, da una fessura nella porta gli veniva passato il cibo due volte al giorno; il suo amico invece lo condannò a morte, e questa morte colpì profondamente Federico, che era molto sensibile. Dopo un anno e più di prigionia, il re pensò che Federico avesse imparato la lezione, e lo lasciò libero, e così fu: Federico non pensò più di scappare, e finché fu obbligato ad obbedire, obbedì a suo padre.
Una delle prime cose che il re decise per lui una volta “libero” fu che doveva sposarsi: gli scelse una principessa in moglie e organizzò il matrimonio, gli regalò un castello e un piccolo esercito da comandare. Nel suo castello, però, finalmente Federico poteva fare quello che voleva, dedicare l’intera sua giornata, esclusa una capatina alla sua guarnigione di stanza non lontano, alle sue passioni: fece costruire una biblioteca che riempì di bei libri, invitava alla sua corte artisti, attori, musicisti, e passava le sue giornate a leggere, a comporre musica e a scrivere lettere, la sera offriva ai suoi ospiti spettacoli di teatro, serate canore, oppure piccoli concerti ai quali suonava anche lui il flauto.


Quando poi suo padre morì, e Federico venne incoronato re, nonostante non avesse molta voglia di fare il re, la sua vita migliorò ancora di più: a quei tempi il re poteva fare quello che voleva, davvero davvero. Perciò si fece costruire un nuovo bellissimo castello, che chiamò Sanssouci (“senza preoccupazioni”), e non era strano che usasse un nome francese perché a quei tempi tutti i nobili parlavano francese anche a casa, anche se conoscevano pure il tedesco. Il castello aveva un parco grandioso e stanze arredate con gusto, ed una particolarità: nessuna donna ci mise mai piede; Federico infatti lo fece costruire per sé e per i suoi amici intellettuali e artisti, sua moglie la regina rimase nel vecchio castello, e qui non mise mai piede, questo era il regno di Federico, dove non solo coltivava liberamente le sue passioni intellettuali, ma prendeva anche le decisioni politiche che facevano parte del suo lavoro, seduto coi suoi amici e consiglieri ad un tavolo che, per l’epoca, era una grande novità, perché era rotondo e il re sedeva in mezzo a tutti gli altri.






D’altronde, anche nelle azioni concrete di governo, Federico si distinse dai suoi predecessori, perché non accettava che il re avesse potere di decidere su tutto, anche su ciò che gli altri dovevano pensare, perciò istituì libertà di stampa e di religione, e gli stessi diritti per tutti, per i contadini come per i nobili, e indipendentemente dall’esito vittorioso di una guerra che gli procurò a Berlino il soprannome “il Grande”, Federico è ricordato da tutti come un grande re proprio perché cambiò molte abitudini della società e della mentalità prussiana, rendendola moderna e libera già allora.

Giorno due: la principessa Luisa.
“C’era una volta una piccola principessa, era bella come un angelo e così piena di qualità, che a tutti quelli che la incontravano si scioglieva il cuore.
Adesso direte sicuramente: ‘Ah, la conosco! Questa è la Bella Addormentata nel bosco, o Biancaneve, o Raperonzolo!’ Ma vi sbagliate: la principessa di cui parleremo non è la Bella Addormentata, né Biancaneve e nemmeno Raperonzolo. Infatti questa principessa era una vera principessa, non una principessa di una fiaba: il suo nome era Luisa Augusta Guglielmina Amalia principessa del Meclenburgo-Strelitz, e visse più di 200 anni fa qui in Germania. Ma nonostante non fosse la Bella Addormentata, che era ‘bella come un angelo e piena di qualità’ non è inventato: è vero. O almeno così pensavano di lei molte, moltissime persone.
La piccola principessa nacque il 10 marzo 1776 ad Hannover, ed era, sì, una principessa, però il suo papà non era un re. Lui era il principe ereditario Carlo di Meclenburgo-Strelitz e sua mamma era la principessa Federica dell’Assia-Darmstadt.
Hannover, Meclenburgo-Strelitz, Assia-Darmstadt.. sembra proprio che fosse un po’ complicata, la famiglia di Luisa, e come se non bastasse, allora Hannover apparteneva all’Inghilterra!”

La storia di Luisa è raccontata come una fiaba, perché l’infanzia e la giovinezza di Luisa sono felici e spensierate. Conosce il dolore quando la sua mamma muore, e quando muore la sua matrigna, una zia alla quale era molto affezionata, ma dopo va a vivere con la nonna che rimane viva a lungo e la coccola come hanno sempre fatto tutti. Luisa da piccola poteva giocare dove voleva e quando voleva; aveva anche lei in casa un educatore e doveva seguire le lezioni dalla mattina alla sera, ma scappava a giocare appena poteva, perché a lei studiare proprio non piaceva, era pigra, ritardataria, distratta e spesso veniva punita per questo, ad esempio non poteva mangiare il gelato dopo cena. Insomma, pur nelle avversità, ebbe una vita da fiaba.



A diciassette anni, sua nonna decise che Luisa doveva sposarsi, guarda caso aveva sentito che il re (il figlio di Federico il Grande) cercava una principessa da dare in sposa a suo figlio, e ci portò Luisa e sua sorella Federica: l’erede al trono scelse Luisa come moglie e così si sposarono. La cosa più bella fu che, anche se Luisa e Federico Guglielmo non si erano mai visti prima, appena si incontrarono si piacquero, perciò quello di Luisa fu uno dei rarissimi matrimoni d’amore dell’epoca! Suo marito aveva un padre severo, e aveva avuto un’infanzia difficile, doveva combattere in molte guerre e stava spesso via, ma lui e Luisa si scrivevano lettere d’amore. Il re era così severo che affidò Luisa a una sorta di maestra di corte che doveva insegnarle a comportarsi, dato che Luisa sarebbe un giorno diventata la regina di Prussia, eppure continuava ad avere comportamenti spensierati e spontanei che però, al di fuori della corte reale, le regalavano l’affetto di tutti. Ad esempio una volta a Berlino, capitale del regno, Luisa e sua sorella Federica (che aveva sposato l’altro figlio del re) erano spesso invitate a feste e ricevimenti, e amavano vestirsi bene e divertirsi come due ragazze normali.



Quando morì il re, Federico Guglielmo divenne il nuovo re di Prussia, anche se non ne aveva molta voglia! Decise ad esempio di non trasferirsi nel castello reale a Berlino, ma di restare nel loro semplice palazzo in campagna, circondati dal verde; e apportò molte modifiche alle leggi severe del tempo, per aiutare anche i sudditi più poveri. In questo libro ci sono anche molte spiegazioni storiche, perché la regina Luisa fu protagonista della vera Storia, quando decise di incontrare Napoleone che, dopo aver conquistato vari regni in Europa, aveva fatto il suo ingresso a Berlino per sottomettere anche la Prussia, sconfiggendo l’esercito del re: Luisa voleva chiedergli di ridurre le richieste di denaro e territori al regno prussiano. Non ottenne molto, da questo incontro, se non di essere ricordata da tutti ancora oggi come una regina bellissima, dolcissima e per di più molto coraggiosa!




Terzo giorno: i fratelli von Humboldt.
“Bordeaux, 3 agosto 1804. Il suo arrivo fu un fatto sensazionale: cinque anni dopo essersi messo in viaggio per le sue ricerche, Alexander von Humboldt era tornato a casa, in Europa. I giornalisti scarabocchiarono di corsa sui loro bloc notes come sembrava, o cosa aveva con sé, mentre le giovani donne passavano di lì come per caso, per poter lanciare uno sguardo a quel trentacinquenne alto e magro. Negli ultimi cinque anni, infatti, i giornali di tutta Europa avevano più volte riportato la notizia che Alexander fosse morto.”

Ma dopo un incipit da libro d’avventura, quale fu la vita di Alexander, il libro che racconta la sua storia e quella di suo fratello maggiore Wilhelm, prosegue dall’inizio della loro vita, che offrì loro un’infanzia priva di affetti e piena di doveri. I due fratelli ebbero un educatore, che li seguiva dalla mattina alla sera in tutto: era un insegnante di moltissime materie e anche una sorta di papà sostitutivo, perché anche se lo faceva per lavoro, ci mise sempre passione. Da piccoli, Alexander e Wilhelm per poter fare quello che volevano dovevano scappare da lui e dalle sue lezioni: Wilhelm era appassionato di lingue antiche (greco, latino, ebraico) e avrebbe passato le sue giornate solo a leggere, scrivere lettere o comporre sonetti, mentre Alexander era affascinato dal mondo naturale e avrebbe passato le sue giornate all’aria aperta a raccogliere esemplari di piante, insetti e rocce, che poi disegnava con grande maestria. Insomma di tutte le materie di studio, loro volevano dedicarsi solo a queste! Una volta a Berlino, il loro educatore li introdusse nel circolo dei loro sogni: uno dei famosi “saloni” berlinesi frequentato da intellettuali, artisti, musicisti, scienziati, persone sapienti e pure simpatiche. Ma la loro mamma, che per loro avrebbe fatto di tutto tranne abbracciarli con affetto, voleva che studiassero materie importanti, perciò Wilhelm dovette iscriversi a giurisprudenza, e Alexander ad una facoltà militare che nemmeno esiste più, e andarono via da Berlino, che non aveva un’università, ma erano sempre accompagnati dal loro educatore! Solo una volta cresciuti, e dopo aver cambiato varie università e varie città, riuscirono finalmente ad affrancarsi da lui: di Wilhelm e Alexander abbiamo molte testimonianze dirette perché tenevano un loro diario, prendevano appunti su tutto, scrissero anche saggi sui loro studi e moltissime lettere agli amici, in cui, fra le altre cose, si lamentavano proprio dell’educatore che li seguiva come un’ombra. Ma grazie a quei primi incontri nel circolo intellettuale berlinese, avevano molti amici studiosi e riuscirono a prendere la loro strada: Wilhelm voleva conoscere tante persone e l’animo umano, studiava filosofia e linguistica, era un umanista; Alexander si interessava alla natura e ai suoi cambiamenti e alle sue differenze interne, partì in nave verso le Americhe dove rimase per diversi anni a studiare il territorio (aggiornò molte carte geografiche dell’epoca) e le specie viventi e non (alcuni animali portano il suo nome), era un naturalista.




Tornato in Europa, con suo fratello si trasferì di nuovo a Berlino, dove insegnò le cose che aveva studiato. E dove le insegnò? Nella prima università di Berlino, istituita da suo fratello Wilhelm, che era stato chiamato dal re a rinnovare il sistema scolastico prussiano: Wilhelm era dell’idea che apprendimento e insegnamento dovessero andare di pari passo con il pensiero e la sperimentazione, sia docenti che studenti dovevano ricercare, provare, sperimentare e mai smettere di pensare, proprio come aveva fatto anche suo fratello Alexander!
Il libro non solo è corredato da disegni meno infantili, ma è anche scritto in un linguaggio meno infantile, perché si rivolge a bambini più grandi (è consigliato dai dieci anni), e per via degli argomenti trattati, ben spiegati, così come ben spiegati sono gli eventi storici e le curiosità sulle esplorazioni, la mentalità del tempo e come, grazie a fratelli Humboldt e alle loro idee innovative, questa cambiò in Prussia e, un po’, anche in Europa.


Insomma, se conoscete dei bambini tedescofoni incuriositi da Berlino, o se conoscete dei bambini che imparano il tedesco e vogliono leggere un po’ di storia sottoforma di fiaba vera o di vera storia d’avventura, questi tre libercoli fanno al caso vostro per il prossimo regalo di compleanno. Se invece gli apprendisti di storia europea, di Berlino e della lingua tedesca sono adulti, idem come sopra.

* “Credo che il terzo libro sia stato letto in più di un giorno” è solo un esempio di congiuntivo passivo al passato, ok? L’ho letto in un giorno!

Beruf König. Die wahre Lebensgeschichte von Friedrich II. (Professione: re. La vera storia della vita di Federico II) di Magdalena e Gunnar Schupelius, con le illustrazioni di Beate Bittner.
Preussens Prinzessin. Die wahre Lebensgeschichte der Königin Luise. (Principessa di Prussia. La vera storia della vita della regina Luisa) di Magdalena e Gunnar Schupelius, con le illustrazioni di Beate Bittner.
Alexander und Wilhelm. Die Humboldts. Das auregende Leben der Gebrüder Alexander und Wilhelm von Humboldt. (Alexander e Wilhelm: gli Humboldt. L’emozionante vita dei fratelli Alexander e Wilhelm von Humboldt), di Magdalena e Gunnar Schupelius, con le illustrazioni di Zurab Sumbadze.

(tutti gli incipit li ho tradotti io dal tedesco)

Elle

3 commenti:

Alligatore ha detto...

Bellezza per gli occhi e lu dito ;)
Ci fai tornare bambini e colti Elle.
VERIFICA PAROLA: HANS ciaboda ;)

Elle ha detto...

E tornare bambini e' un po' come essere in vacanza :)

Anonimo ha detto...

Bellissimi questi libri!!! Visto che i nipoti non leggono il tedesco dovrò leggermeli io! :-)
(Però da maestrina mi tocca segnalare che Federico II non ebbe figli...)