giovedì 3 gennaio 2013

C’erano una volta un norvegese, un aborigeno e un pipistrello.

Ero appena uscita da una due giorni di merda: ero raffreddata, avevo preso una multa sul treno, e non avevo fatto i compiti per casa. Ma c’erano stati anche momenti positivi: i controllori erano stati gentili e mi avevano guardata come se fossi bella, ero rimasta a casa da scuola evitando la figuraccia di non aver fatto i compiti, e avevo un lavoro, quindi uno stipendio.
Cosa si fa quando non si va a scuola, ma non si vuole farlo sapere a casa? Semplice, si va alla stazione. Cosa si fa alla stazione? Facile, si paga la multa, ci si fa un giro, poi si prende un treno per andare al lavoro. E cosa si fa durante questo giro alla stazione? Prevedibile: si entra in libreria. E se all’ingresso della libreria c’è una piramide di thriller, di cui un lato intero dedicato ai romanzi di Jo Nesbø, cosa si fa? Esatto, si cerca fra tutti i titoli il primo della serie dedicata a Harry Hole, quello che non è mai stato tradotto in italiano, e lo si compra, costi quel che costi, tanto ormai la multa è pagata.

E poi si inizia a lottare. No, non con i demoni di un poliziotto che ha qualche segreto sulla coscienza - che però poi svela molto facilmente alla sua fiamma, solo perché lei fa la curiosa e lui si sente innamorato. Innamorato? Ma avete trombato solo due volte, come puoi essere innamorato? Arriva almeno a tre, così, per scrupolo! Non contro la palpebra che cala sul libro a casa, o contro il gomito altrui che fionda fra le costole sulla metro, o contro il tempo durante la pausa: queste lotte sono reali, sì, ma non personificate come la mia lotta come lettrice di thriller. Ed effettivamente sono stanca di spezzare lance a favore dei thriller contro persone che, un thriller, non l’hanno mai letto, a questo punto direi che il problema è loro, che sono loro a voler sputare sentenze pregiudiziali, che sono loro a voler vivere nell’ignoranza dei generi, che sono loro a voler fare la scena perbenista di chi legge “di meglio” – ma mostrate chiaramente cosa leggete, abbiatene il coraggio, una buona volta!

- È interessante, almeno? –
Vedete il pregiudizio nella domanda?
- Non lo so, l’ho appena iniziato. –
Vedete che io non voglio tessere lodi a priori?
- E poi è in tedesco, a volte non capisco bene.. –
- Beh, se è un thriller forse è normale che non si capisca. –
E daje..
- No, io non capisco certe parole, le dovrei cercare nel vocabolario, ma un libro è più bello se letto tutto d’un fiato.. –
- E poi se è noioso come dici.. –
Ho detto che è noioso?
- Non lo so se è noioso, l’ho appena iniziato. –
- Mm.. –
- Anzi mi piace perché sto scoprendo delle cose sull’Australia che non sapevo, leggende aborigene ad esempio. –
- Ah, ecco, questo libro non è solo action. –
Ma perché le incontro tutte io?
- Nessun thriller è solo “action” se è un buon thriller. C’è sempre qualche altro racconto nel mezzo, che serve per la suspense e.. –
Ma perché non posso leggere un libro in santa pace, per il gusto di leggere? Perché devo difendere i miei autori preferiti, le mie letture?

Già dal titolo avevo capito chi è l’assassino. In tedesco il titolo è Der Fledermausmann, che significa l’Uomo Pipistrello, ed è chiaro che quest’uomo pipistrello è l’assassino, non il poliziotto né l’amante del poliziotto. Nessun thriller ha nel titolo il nome del poliziotto, i gialli invece hanno spesso nel titolo il nome di chi indaga. Nessun giallo ha un poliziotto come protagonista, perché chi indaga è spesso un comune mortale. Nei gialli un comune mortale può indagare perché non muore finché non ha smascherato l’assassino, mentre nei thriller la situazione potrebbe ribaltarsi a tal punto che il poliziotto viene ucciso durante le indagini. Negli horror il poliziotto ucciso resuscita per vendicarsi, mentre nei thriller si scopre che aveva solo inscenato la sua morte, per prendere da dietro il serial killer. Nei gialli non c’è mai un serial killer, gli omicidi sono una tantum, ne ammazzano al massimo un altro, ma solo se era il primo sospettato, in modo da ribaltare la situazione, e comunque per sbaglio, perché la vittima doveva essere solo una.

Al poliziotto di Nesbø, il famoso Harry Hole, spetta scoprire chi si nasconde dietro il “Fledermausmann” del titolo, ma non pensiate che sia il solito nomignolo che si danno i serial killer pieni di sé, o che i poliziotti burloni danno agli assassini per intendersi, perché anche se ad un certo punto del romanzo compare un tipo vestito da pipistrello (si è nel mondo delle arti circensi, ma non solo lì), l’idea di identificare l’assassino con un pipistrello viene da una leggenda aborigena.

- I pipistrelli sono il simbolo della morte per gli aborigeni, non lo sapevi? –
Harry non l’aveva mai sentito prima.
- Immaginati un posto in cui gli uomini hanno vissuto isolati per più di quarantamila anni. Per dirlo in altre parole, non sapevano nulla degli ebrei, per non parlare del cristianesimo e dell’islam, perché un immenso oceano li separava dal continente più vicino. Ciononostante avevano le loro storie sulla creazione. Il primo uomo fu Ber-rok-boorn, venne creato da Baime, il non-creato, che era l’inizio di ogni amore e che difendeva tutte le cose create. In altre parole, un tipo tranquillo, chiamato dagli amici solo come il Grande Spirito paterno. Dopo che Baime ebbe dato a Ber-rok-boorn e a sua moglie quello che secondo il giudizio di chiunque era un ottimo posto per vivere, mise un segno su uno Yarran, un albero di eucalipto, dove si era stabilito uno sciame di api. ‘Voi potete cercarvi da mangiare in tutta la terra, ma quest’albero appartiene a me.’ Ammonì i due. ‘E se cercate di procurarvi da mangiare anche da quest’albero, a voi e ai vostri discendenti capiterà qualcosa di molto brutto.’ – o qualcosa del genere. In ogni caso, un giorno che Ber-rok-boorn era via per raccogliere legna, sua moglie passò davanti all’albero. All’inizio, appena si rese conto di essere sotto l’albero sacro, provò una grande paura, però sotto l’albero c’era così tanta legna, che non seguì il suo primo istinto di andar via il più velocemente possibile. Inoltre Baime non aveva parlato di legna. Mentre raccoglieva la legna sentì un debole ronzio su di sé, sollevò lo sguardo e vide lo sciame d’api e il miele che colava vicino alle radici dell’albero. Aveva assaggiato un po’ di miele un’unica volta prima d’allora, ma qui c’era da mangiare per più pasti. Il sole luccicava sulle dolci e lucide gocce e alla fine la moglie di Ber-rok-boorn non riuscì più a trattenersi e si arrampicò sull’albero.
In quel momento arrivò un alito freddo dall’alto e una grossa figura scura circondò con enormi ali nere il suo corpo. Era il pipistrello Narahdarn che Baime aveva incaricato della custodia dell’albero. La donna cadde a terra e corse verso la sua caverna, dove si nascose, ma era troppo tardi, aveva richiamato sulla terra la Morte, simbolizzata dal pipistrello Narahdarn, e tutti i discendenti di Ber-rok-boorn subiscono da allora questa condanna. L’albero pianse lacrime amare per questa tragedia, le lacrime colarono lungo l’albero ed è per questo che oggi sulla corteccia dell’albero di eucalipto si può trovare la gomma. Adamo ed Eva in australiano, non è vero? –
Harry annuì, e dovette ammettere che c’erano un bel po’ di somiglianze: - Forse è semplicemente così. Non importa in quale posto della terra vivono, gli uomini hanno in qualche modo le stesse visioni e fantasie, ed è così nella loro natura, come dire che si trovano scritte così nel loro hard disc. E questo prima o poi, e nonostante tutte le differenze, porta a trovare le stesse risposte. -*

Siamo in Australia, ai giorni nostri, e Sidney è la città in cui tutto può succedere, in cui si può far fortuna, o semplicemente vivere la propria gioventù, o la propria sessualità, o avere la propria indipendenza forse anche economica. Tutta l’Australia può dare questa sensazione di libertà: nel romanzo sono citate compagnie viaggianti di arti circensi, spettacoli di pugilato itineranti, spacciatori di droghe varie con sedi storiche in paesini diventati attrattivi negli anni Settanta proprio grazie alle sostanze più stupefacenti che ci fossero, ma anche semplici viaggi on the road con l’autostop di giovanotti europei in cerca d’avventura. Sidney, e l’Australia, sono il centro del mondo, perché rappresentano il mondo, grazie ad una popolazione variegata e multietnica. Come tutti sappiamo venne colonizzata e popolata nel Sette o Ottocento dal Regno Unito (allora Impero) con galeotti e deliquentelli vari, e poi via via “civilizzata”. Il fatto che venne popolata non vuol dire che al tempo fosse disabitata.
Ecco, se c’è qualcuno che non si sente tanto a suo agio in Australia, questo è il popolo aborigeno, il popolo dei nativi, al quale è stata rubata la casa senza tante grazie, salvo poi cercare di porre rimedio al sopruso con leggi speciali, ma in generale gli aborigeni vengono trattati come discendenti di oggetti di cui si disponeva. Il principio sul quale si basarono i dominatori era: voi non avete coltivato la vostra terra, vivete d’altro, come bestie, coltivare la terra è un’abitudine civile, quindi la terra non vi appartiene e voi siete da civilizzare perché non sapete comportarvi - con tutta la perdita delle tradizioni e dell’identità che questo ha comportato per gli aborigeni.

- E tu a quale popolo appartieni? –
- Cosa intendi? Io sono di Queensland. –
- Scusa, è stata una domanda stupida. –
- Tu reagisci come la maggior parte dei bianchi. –
- Con pregiudizio? Ho detto qualc.. –
- Non si tratta di cosa dici, ma di ciò che ti aspetti da me inconsapevolmente. Tu credi di aver detto qualcosa di stupido, e senza rifletterci ti aspetti che io reagisca come un bambino ferito. Non ti viene nemmeno in mente che io sia abbastanza intelligente da essere tollerante con te, perché tu sei straniero. Tu non ti senti offeso personalmente, se i turisti giapponesi in Norvegia non sanno tutto del tuo Paese, no? Se non sanno che il vostro re si chiamava Harald per esempio. E non riguarda solo te, Harry, anche gli stessi australiani stanno molto attenti a non dire qualcosa di sbagliato. Ed è questa la cosa assurda. Prima hanno portato via l’orgoglio al nostro popolo, e adesso che non abbiamo più orgoglio, hanno una paura matta di ferirlo. -*

È sempre utile quando uno dei personaggi più importanti di un romanzo è uno spaccapalle che ad ogni pie’ sospinto ha una storia attinente da raccontare, anche se l’attinenza si scopre dopo un bel po’ che ha iniziato a raccontare, perché si imparano un sacco di cose. E chi le impara non è solo il poliziotto venuto dalla Norvegia per contribuire alle indagini sul femminicidio di una giovane norvegese, ma anche noi lettori. Un popolo lontano, sconosciuto, ci si mostra solo ora un po’ più simile a noi, un po’ più comprensibile, in lui si notano somiglianze che prima sembravano inesistenti e impossibili.

- Un tempo, la futura moglie di un aborigeno doveva superare tre prove prima del matrimonio. – spiegò Joseph. – Per prima cosa doveva sopportare la fame. Doveva vagabondare o cacciare, senza mangiare nulla. Poi veniva condotta ad un fuoco da campo in cui c’erano un gustoso canguro arrosto e altre prelibatezze. La prova consisteva nel trattenersi, nel non essere avida, bensì mangiare la quantità giusta in modo che restasse qualcosa anche per gli altri. –
- Da noi c’era una volta qualcosa di simile, – disse Harry – lo chiamavano galateo. Ma credo che non si faccia più. –
- Come seconda prova doveva cercare di sopportare il dolore. – Joseph gesticolava selvaggiamente mentre raccontava: - Alla giovane donna venivano spinti dei ferri attraverso il naso e le guance, e si incidevano segni sul suo corpo. –
- E allora? Oggi le ragazze pagano, per questo! –
- Chiudi la bocca, Harry. In ultimo, quando il fuoco si spegneva, doveva coricarsi sulle braci, separata da loro solo da un paio di rami. Ma l’ultima prova era la più difficile. –
- La paura? –
- You bet. Dopo il tramonto, i membri della tribù si riunivano attorno al fuoco, e i più anziani le raccontavano a turno le storie più raccapriccianti su fantasmi e su muldarpe, il demone dei demoni. Alcune storie erano abbastanza forti. Alla fine le si chiedeva di dormire in disparte, in un luogo abbandonato o vicino alle tombe degli antenati. Nel buio della notte, gli anziani le si avvicinavano di soppiatto con le facce dipinte di bianco o con maschere in legno.. –
- Non è un po’ come portare nottole ad Atene?** -
- ..e facevano rumori inquietanti. Mi spiace dovertelo dire, Harry, ma davvero non sei un buon pubblico. – Joseph sembrava offeso.
Harry si sfregò la mano sul viso.
- Lo so. – disse dopo un po’ – Mi dispiace, Joseph. Io ero venuto qui solo per pensare un po’ a voce alta, per ricontrollare che lui non si sia lasciato dietro magari un po’ di tracce che potrebbero darmi un indizio su dove potrebbe averla portata […]. -*

Harry Hole vuole solo indagare, ma si imbatte sempre in una storia aborigena che non solo lo incuriosisce, ma che potrebbe tornargli utile nell’indagine, o almeno io pensavo questo, anche se quelli che contengono solo elementi funzionali sono i gialli, mentre i thriller no: i thriller raccontano sempre qualcosa solo per il gusto di raccontarla. Delineano un personaggio che ritorna (poliziotto o assassino) e che noi seguiamo nel suo percorso (formativo o degenerativo) e che riconosciamo, al quale ci affezioniamo o che impariamo ad odiare. Un thriller racconta spaccati di vita, usanze, descrive paesaggi, usa la musica come leitmotiv, o come personaggio (qui c’è una canzone a due voci, che io ho identificato con Where The Wild Roses Grow, ma chiunque potrebbe smentirmi, pure lo stesso romanzo, perché quando Harry Hole la sente di nuovo in un locale, io mi sono distratta un pochino e adesso non trovo più la pagina) che ritorna e in qualche modo “perseguita” un altro personaggio (poliziotto o assassino). Un thriller racconta per il gusto di raccontare, ma contemporaneamente fornisce elementi che torneranno, forse, in libri successivi, per questo ci tenevo, dopo aver letto per puro caso Nemesi, a recuperare il primo romanzo della serie di Harry Hole, per vedere come è nato Harry Hole, come era all’inizio, come aveva iniziato il suo percorso. E cos’ho scoperto di Harry Hole? Che come tutti i poliziotti ha alcuni fantasmi del passato che lo seguono come fossero la sua ombra: alcuni se li porta appresso da prima, altri se li procura nel corso della sua primissima indagine, in Australia, ai giorni nostri, mentre contribuisce alle indagini sul femminicidio di una giovane norvegese, perché li racconta alla sua fiamma solo perché si sentiva innamorato eccetera, ma cavoli, aspetta almeno la terza volta prima di dirle tutto!

Elle

* Tutti i brani che vi riporto li ho tradotti io in italiano dalla traduzione tedesca del norvegese originale
** Dopo aver, finalmente, trovato la traduzione italiana di questa espressione, ho dovuto cercare anche la parola “nottola” che significa “civetta” e l’espressione italiana, presa da Ariosto è: “portar a Samo vasi, nottole ad Atene e coccodrilli in Egitto” (mentre secondo il dizionario tedesco, la sola frase “portar nottole ad Atene” risale ad Aristofane) e significa “fare una cosa inutile e superflua”.

4 commenti:

Alligatore ha detto...

Be', Where The Wild Roses Grow è un'altra canzone di Nick Cave che adoro (da Murder Ballads , se non sbaglio, ho pure la t-shirt di quel disco). Libro interessante, ma poco romantico (ci si può innamorare anche senza aver scopato una volta, e se lo dice un bukowskiano come me ci puoi credere ;)
p.s.
Amici del blog dell'Orablu,
togliete il captcha, per favore ...

Elle ha detto...

Credo più a te che a lui, in realtà, a meno che non mi parli di amore a prima vista (o a prima sentita, vale per tutto, anche per le canzoni), perché io proprio non concepisco le cose che procedono troppo veloci. Anche questa canzone la conoscevo già, ma ancora non mi ha preso del tutto, dovrò ascoltarla ancora ma avrò tutto il tempo ;)
ps. ho ordinato un libro di Bukowski, ma non ti dico quale :D

CheRotto ha detto...

@ Alligatore: captcha tolto

I E ha detto...

Allleluja ;-)