lunedì 26 novembre 2012

Una messa moderna



Sarà stato forse l’anno 1974 o al massimo i primi del 1975, e io ero un ragazzino di 13 o 14 anni.
Il mio vicino di casa, che chiameremo Marco (perché in effetti si chiama così), aveva invece qualche anno in più di me e soprattutto aveva a disposizione abbastanza soldi per potersi permettere un impianto Hi-Fi e per potersi comprare dei stupendi LP. Tutti neri, lucidi, con suoni nuovi e per me inascoltati e avevano delle copertine bellissime; alcune avevano foto artistiche, altri disegni e immagini fantastiche e io avrei passato ore ed ore ad ascoltarli e a guardarli.
Sta di fatto che il povero Marco, il pomeriggio si ritrovava, spesso e volentieri, a subire la mia visita inaspettata e senza preavviso. Io però mica ci andavo perché volevo scambiare quattro chiacchere con lui; io volevo ascoltare quella musica nuova, tenere in mano quelle copertine con religiosa attenzione, perché i suoi Lp erano tutti protetti da copertine in cellophane in modo che non vi restassero sopra sia la polvere che le impronte digitali di ragazzini rompi balle.
E così il povero Marco, si doveva subire la mia presenza. Però non se la sentiva di cacciarmi o peggio ancora di farmi ascoltare la musica più avanguardistica del periodo, perché i miei gusti musicali erano all’inizio e allora cercava di mettermi su qualche disco che fosse almeno semi-orecchiabile.
Oltre ai classici Beatles (Rolling Stones assolutamente banditi), a qualche cosa di californiano, spesso mi faceva ascoltare una canzone strumentale che aveva quale strumento principale le campane tubolari (a quei tempi io mica sapevo che cosa fossero). E anche se il pezzo mi piaceva molto, non ho mai imparato il titolo e manco chi fosse l’autore.
Gli anni sono passati e dopo qualche tempo e molti risparmi, mi sono potuto permettere anch’io un impianto simil Hi-fi e qualche Lp; nel frattempo ero informatissimo su tutti i gruppi del periodo e mi ero imparato a memoria tutte le formazioni dei gruppi storici. Scoprii pure che cosa fossero le campane tubolari e soprattutto che esisteva un Lp che si intitolava proprio Tubular bells.
Subito ho pensato: “Ecco cos’era quel pezzo che Marco mi faceva sempre ascoltare e che mi piaceva così tanto. Quello con le campane tubolari, con quel ritmo così veloce e piacevole, con quelle chitarre elettriche in sottofondo e quei suoni strani emessi da qualche Mellotron di passaggio”.
Ancora qualche risparmio e finalmente riesco a comprarmi (in offerta) l’Lp più famoso di Mike Oldfield. Però qualcosa non mi tornava, perché sulla copertina non c’era manco una parola in francese, mentre io mi ricordavo chiaramente che “quel pezzo maledetto con le stramaledettissime campane tubolari” aveva a che fare con la Francia.
Finalmente mi ascolto tutto l’Lp in religioso silenzio, senza però trovar traccia del pezzo ricercato. Maledico Mike, le sue campanacce e maledico pure me: "perché non ho chiesto a Marco il titolo prima di comprare il disco"
Gli anni sono passati, per un certo periodo ho fatto pace con il buon Oldfield e adesso Marco lo vedo molto di rado. Di Lp ne ho parecchi, ma mi manca il tempo di riascoltarli.
Anche perché ho la pessima abitudine di farmi un riposino al sabato pomeriggio e regolarmente mi addormento con la televisione accesa.
Qualche sabato fa, mi succede di svegliarmi di soprassalto e di accorgermi che dalla tv proviene un suono di campane tubolari: porca paletta, È LEI.
Mi metto seduto sul divano, convinto di avere ancora 14 anni, mi guardo attorno per vedere se c’era Marco nelle vicinanze e finalmente realizzo di avere 50 anni.
Quella maledetta e bellissima canzone che aveva cercato inutilmente; adesso però non mi scappa più. E con rammarico scopro che oggi la “mia canzone delle campane tubolari” è la sigla di un cartone animato per ragazzini.
Il suo titolo è Psyché Rock ed  è un brano musicale psichedelico e avanguardistico del 1967 che  Pierre Henry aveva composto quale colonna sonora per un balletto ultra moderno (per quei tempi) dal titolo Messe pour le temps présent.
Che delusione; oggi fa poco più che tenerezza e al massimo può essere utilizzata come colonna sonora di Matt Groening o al massimo per una pubblicità.
Però mi piace ancora e finalmente ho colmato una grandissima lacuna culturale che mi perseguitava da decenni.
FRANZ III
GRANDUCA DI MOLETANIA


4 commenti:

maurizio ha detto...

Ben tornato G.

Elle ha detto...

Tutti noi abbiamo un Marco nel vicinato e un Mellotron di passaggio, perciò mi riconosco perfettamente in questo post. Solo che io non avevo 14 anni, ne avevo 8 o 9; non era un LP, bensì una MC; di tubolare non aveva nulla; la coetanea che me l'aveva fatto ascoltare l'aveva registrata dalla radio col microfono; lei l'ho rivista solo una volta, ingrassata e con tre figlie che ha avuto quando aveva tra i 16 e i 19 anni; quando ho finalmente ritrovato la canzone non era diventata una sigla di cartoni animati, bensì lo stacchetto musicale messo "per scherzo" in un banalissimo quiz tv.
Titolo e autore: Su di noi di Pupo.
Reazione mia: ci sono rimasta malissimo.

:) Ciao Franz, alles klar?

Mrs Quentin Tarantella ha detto...

Che bel racconto...succede proprio così con alcuni ricordi (che siano suoni o profumi...)
:-)

Irriverent Escapade ha detto...

Io lo chiamo "il paradigma del soufflé": ci portiamo, conservandoli gelosamente, i nostri piú cari (e spesso scombinati e scoordinati ) ricordi dall'infanzia. Poi un giorno, ci risvegliamo...magari non tutti fortunati sul divano...e ci accorgiamo che il tempo è passato, malgrado noi...
Io trovo che il bello stia proprio qui: nel piacere di identificare quella tale canzone o stupirsi di certi ascolti o letture giovanili . Guardo l'album di Captain Sensible e ogni volta mi chiedo "perchè?" poi lo metto sul piatto, vedo mia figlia settenne, che sorridendo, improvvisa una strana danza. E ballo con lei sulle note della mia gioventú...