Con Paese d'ombre Giuseppe Dessì crea un
romanzo agevole da leggere, scritto in una lingua pulita e media, in cui
spiccano però termini specialistici, rigorosamente in italiano, relativi a
diversi settori, dall'artigianato al mondo agricolo e pastorale, dalla botanica
all'anatomia umana, e che presenta solo rari interventi di altre lingue,
segnalati dal corsivo o da una breve glossa intratestuale, più spesso però
integrati nel contesto. I fatti si accompagnano a dettagli della psicologia dei
personaggi, i quali non vengono descritti nel loro carattere e nella loro
ideologia se non al momento del loro comparire attivo nella storia, la quale
passa anche attraverso i loro pensieri, dalla visione del mondo di uno a quella
dell'altro, sia che si tratti di un mondo inteso come parte di un nuovo regno,
l'Italia unita, sia il mondo circoscritto al paese e a ciò che nel paese era
consuetudine fare. Il tutto è racchiuso in una cornice storica, che viene
delineata pian piano attraverso il punto di vista politico dei personaggi,
delusi dall'unione superficiale di popoli diversi, o tramite l'indicazione di
episodi storici più o meno precisamente databili. Riguardo all'ambientazione
geografica, invece, i nomi dei luoghi mescolano realtà e fantasia, più
spesso rimangono vaghi, come una Parte d'Ispi non meglio delimitata, oppure
appaiono chiari solo verso la fine, quando l'isola diventa tutt'a un tratto la
Sardegna.
Ne Il giorno del
giudizio Salvatore Satta descrive Nuoro come una città che calamita gli
intraprendenti, sia i paesani dei dintorni che la vedono come luogo in cui poter
diventare qualcuno, sia i continentali che vi si arricchiscono e "sardizzano";
ma Nuoro è innanzitutto il paese dei nuoresi che, pigri e indifferenti accettano
la vita per quello che è, e anzi davanti alle novità continuano come se niente
fosse cambiato, e che danno valore alle antiche consuetudini e ai poteri del
paese: per i nuoresi tutto nasce e torna e muore a Nuoro. L'unico luogo rivolto
all'Italia è il Corso, in cui si sfoggiano abiti civili, si legge il giornale,
si decide l'università per i figli, si seguono i primi discorsi politici di cui
peraltro i nuoresi non sentono il bisogno; anche le leggi statali vengono
accettate più per quieto vivere che per senso di appartenenza al regno d'Italia,
la quale non viene concepita come una realtà da vivere finché la guerra non
richiama alle armi gli italiani; e se inizialmente i nuoresi rimasti a casa non
sanno nemmeno contro chi si combatte, sentendo l'evento come qualcosa che
avviene in luoghi lontanissimi, nel dopoguerra Nuoro si avvicina alle altre
città dell'Italia e dell'isola, dalle quali provengono anche idee
rivoluzionarie, e apre ora i suoi orizzonti, perché la guerra ha reso
consapevole l'Italia dell'esistenza dei sardi, ma anche la Sardegna di essere
"un frammento d'Italia", ossia di un mondo più vicino e con cui poter
comunicare.
Po cantu Biddanoa di Benvenuto Lobina ha come
protagonista il paese del titolo, Biddanoa (Villanova Tulo), isolato ed
assopito, il quale però ogni tanto si riscuote dal torpore e sembra partecipare
alle vicende italiane, belliche e politiche innanzitutto. La prima guerra
mondiale costituisce un ponte verso l'Italia e verso i continentali per i
biddanoesi, uomini poveri, analfabeti ed estranei quanto gli altri sardi;
partecipare alla guerra è quasi un essere legittimati come italiani, e permette
di veder muoversi qualcosa, infatti i mutilati e le famiglie dei caduti ricevono
una pensione di guerra, inoltre viene fornito anche alla Sardegna uno strumento
di potere con valore nazionale quale è un'associazione di ex combattenti: solo a
chi ne fa parte viene concesso il privilegio di aderire al neonato partito dei
sardisti, e poi di diventare automaticamente tesserato del partito al potere in
Italia, quello fascista: finalmente anche Biddanoa ha una parte nello scenario
italiano. La partecipazione dei suoi abitanti a queste novità avviene però per
inerzia, anche se con una certa soddisfazione per le tante promesse che fa loro
il nuovo governo, il quale dimostra in questo modo di avere a cuore il futuro
dei sardi che tanto bene hanno servito la patria; il filo che muove le
marionette è la mancanza di istruzione, la quale alimenta l'illusione fino al
secondo richiamo alle armi, quando ormai molti sardi hanno mangiato anche questa
foglia: la Sardegna non è più per l'Italia una riserva di alberi, come un tempo
(e come documenta Dessì in Paese d’ombre), bensì di
uomini.
(Il romanzo è stato scritto in sardo, e successivamente tradotto in
italiano dallo stesso Lobina, perciò è disponibile anche in edizione
bilingue)
ELLE, martedì 03/07/2012
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