Battle Royale
(Giappone 2000)
Titolo originale: Batoru
rowaiaru
Regia: Kinji Fukasaku
Cast: Tatsuya Fujiwara, Aki
Maeda, Takeshi Kitano, Chiaki Kuriyama, Taro Yamamoto, Kou Shibasaki,
Masanobu Ando
Genere: ammazzatutti
Se ti piace guarda anche: The
Hunger Games, Arena, Battle Royale II: Requiem
“È da tanto tempo che io non
riesco a fidarmi degli adulti.”
Ci sono film che riescono a catturare
alla perfezione lo spirito dei tempi.
Battle Royale è uno di questi.
A dirla tutta, tutto parte con
l’omonimo romanzo scandalo di Koushun Takami, uscito in Giappone
nel 1999 con grande scalpore e in grado di generare poi anche un
popolare manga e due film. Il primo dei quali è questa pietra
miliare, uscito in varie versioni, alcune parecchio censurate vista
la natura molto splatter di numerose scene.
Cos’ha di così figo Battle Royale?
In pratica è come un reality-show,
solo un po’ (un po’ tanto) estremizzato fino alle massime
conseguenze. Guardando il Grande Fratello o L’isola dei famosi (per
quanto vi possiate vergognare, ammettelo di averli visti almeno una
volta!) vi siete mai chiesti cosa succederebbe se i concorrenti
portassero la competizione un filo più in là rispetto alla consueta
sequela di strategie, bugie, alleanze, amorucoli e sotterfugi messi
in atto?
Vi siete mai chiesti insomma cosa
capiterebbe se uno dei personaggi si mettesse a uccidere gli altri?
È da uno spunto del genere che (forse)
dev’essere partita l’idea di Battle Royale, diventato poi spunto
e punto di riferimento neanche tanto velato di Hunger Games, romanzo
diventato la pellicola super campione di super incassi dell’anno
negli Usa e a breve in arrivo anche da noi.
Ambientato in un Giappone sottoposto a
un regime totalitario immaginario, ma in cui è possibile intravedere
echi del fascismo giapponese, una classe di terza media sorteggiata a
caso tra tutte quelle del paese viene spedito, senza possibilità di
replica, su un’isola. In quest’isola, tutti gli studenti sono
costretti a scannarsi a vicenda fino a che non ne rimarrà soltanto
uno. Come in Highlander.
L’unico studente che si salverà
tornerà alla sua vita normale, potrà andare al liceo, sposarsi,
avere figli che rischieranno di partecipare a una futura Battle
Royale e si porterà questo piacevole ricordo per sempre
dentro il suo cuore. Tutti gli altri moriranno. E se non si
uccideranno a vicenda in questo gioco al massacro per la
sopravvivenza, un congegno stretto intorno al loro collo li farà
saltare per aria.
Perché, tutto questo?
Domanda che potremmo fare anche per
quanto riguarda i reality-show. Perché esistono? Perché è nato
Survivor, generando poi tutte le isole dei famosi e altre cazzate
varie?
Belle domande.
Perché la vita in fondo altro non è
che una lotta per la sopravvivenza, tanto per gli uomini quanto per
gli altri animali. E questo “gioco”, come spiega un perfido
Takeshi Kitano nel film, è la maniera migliore che gli adulti hanno
deciso di impartire come lezione alle nuove generazioni.
Battle Royale ci mette davanti a una
riflessione spinta al limite sui meccanismi di educazione, in maniera
non troppo distante anche dal greco Kynodontas, così come sul
contrasto tra vecchie e nuove generazioni. Inoltre, spinge a
chiedersi cosa saremmo disposti a fare pur di sopravvivere. Domande
del tipo: “Per sopravvivere, arriveresti a uccidere il tuo compagno
di banco o persino il tuo migliore amico?”.
Facile capire perché un romanzo poi un
manga poi un film del genere abbia creato tante polemiche.
Una storiona di quelle potenti e
pazzesche ancora oggi a più di una decina d’anni di distanza dalla
sua uscita.
Anche da un punto di vista
cinematografico, Battle Royale è una pellicola di ottimo livello. Il
regista Kinji Fukasaku, purtroppo scomparso nel corso delle riprese
del non memorabile sequel del film, sa il fatto suo e sa dosare a
dovere la violenza che esplode in scene ben più che splatter, con
momenti dolci e delicati. La vecchia tecnica della carezza in un
pugno. Notevole in proposito l’uso delle musiche. Anziché
utilizzare, chessò, pezzi metal o techno per le scene più violente
e concitate, Fukasaku propone brani di musica classica, creando un
forte quanto efficace effetto di contrasto. Dolcezza VS violenza.
Bambini VS adulti. Amore VS follia. Il contrasto: il grande punto di
forza della riuscita di questo adattamento cinematografico.
Se proprio vogliamo trovare un limite
al film, è quello di presentare troppi personaggi, troppe storie,
risultando a tratti un po’ confuso. È qui che invece sta l’arma
vincente escogitata da Suzanne Collins, l’autrice di Hunger Games,
dove abbiamo una storia survival analoga, ma vista attraverso il
punto di vista di una protagonista principale: la ragazza cacciatrice
Katniss, un personaggione della Madonna, tra l’altro. Non che in
Battle Royale non emergano comunque un paio di protagonisti, che
infatti ci regalano i momenti emotivante più intensi di una visione
che non è solo sangue sangue sangue e morte morte morte come si
potrebbe immaginare. È molto di più.
La vita è un gioco. Battle Royale
spinge questo assunto alle sue estreme conseguenze. Siete pronti ad
affrontarle? Il consiglio è quello di recuperare, se non l’avete
ancora fatto, questo cult nipponico assoluto. Perché ci sono pochi
film in grado di catturare alla perfezione lo spirito dei tempi.
Battle Royale è uno di questi.
(voto 8/10)
È con enorme piacere che ospitiamo per la prima volta il ragazzo cannibale con una sua recensione inedita che inaugura la nostra sezione L'Ora Cult...
3 commenti:
Sì infatti, perché esistono i reality? E sono davvero reali? E perché nella realtà le persone si trattengono, poi le metti in una scatola davanti a milioni di spettatori e si lasciano andare al loro peggio? Gli hanno chiesto di farlo come nel film chiedono ai ragazzini di uccidere gli altri per sopravvivere?
Mah.. misteri moderni.
Il film sembra interessante, a partire dal genere in cui l'hai collocato ;)
Mi piacerebbe vederlo, e soprattutto sentire le musiche, così forse ogni volta che c'è un morto ammazzato e parte una musica classica, smetterà di venirmi in mente l'ispettore Derrick!
i reality non esistono nel senso che quello che vedi in tv è solo e unicamente finzione, è per quello che le persone si trasformano davanti alla camera, fingono...
il problema dei reality è che come concorrenti prendono il peggio della società, magari perché solo il peggio si presenta ai provini, chissà?
ovviamente le situazioni sono inventate dagli autori (una volta erano anche piuttosto fantasiosi, ormai non sanno più nemmeno loro che pesci pigliare), però i tizi recitano fino a un certo punto, altrimenti certi sarebbero attori da oscar :)
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