venerdì 31 maggio 2013

Liberi tutti


Era un azzardo, ci abbiamo provato, ne è venuta fuori una serata coi fiocchi. Slam Poetry Versus Blues: le avanguardie più rivoluzionarie della poesia e una musica le cui radici si perdono in Africa, in un tempo lontanissimo da noi. Un gruppo di ragazzi coraggiosi e talentuosi (gli slammers e la band dei Jesus On A Tortilla), capaci di fondere in un vibrante show, parole e note, immagini e suggestioni. Un viaggio emozionante, attraverso un percorso lontano dai circuiti della cultura convenzionale, eppure incrdibilmente vicino al cuore dell'ascoltatore. Se da un lato, la poesia Slam, forma d'arte metropolitana che nasce in strada, in mezzo alla gente, cattura il pubblico, lo scuote, lo schiaffeggia, lo induce a riflettere e a dialogare, dall'altro, i grandi classici del blues, da Muddy Water a Robert Johnson, accarezzano le orecchie dell'ascoltatore, conducendolo in una dimensione quasi rurale, che evoca un'iconografia color seppia e scioglie l'anima in un nostalgico viaggio a ritroso attraverso l'alveo del Mississippi. Due forme d'arte distanti fra loro, dicotomia fra passato e futuro, in cui la metrica libera del verso slam confligge col rigore ritmico delle dodici battute del blues. Due mondi che si confrontano, che si guardano in faccia e si studiano per buona parte dello spettacolo, fino a quando nella catarsi di un finale a schema libero, l'improvvisazione da jam degli strumenti e il free style di un poetare quasi rap si fondono in una nuova entità artistica che non conosce barriere temporali.

Martedì prossimo, 4 giugno 2013, l'Orablù porterà questo suggestivo spettacolo all'interno del Cesare Beccaria, il carcere minorile di Milano. Un altro azzardo, una scommessa, un'intuizione estemporanea che, grazie all'entusiasta adesione del personale del penitenziario e di tutti gli artisti coinvolti, siamo riusciti a trasformare in realtà.
Sarà, però, uno show diverso, in cui cercheremo di abbattere l'ideale barriera fra pubblico e artista, per rendere protagonisti della giornata soprattutto i ragazzi detenuti, che potranno salire sul palco e recitare, a ritmo di hip hop, le loro poesie.
Ci piace pensare allora che quello di martedì sarà il nostro evento più importante, e che per un pomeriggio, per tutti coloro che saranno presenti, non esisteranno più sbarre nè catene, ma solo il linguaggio salvifico della musica e della poesia. Ali, altro non sono, per librarsi in cielo e sentirsi finalmente liberi. Oltre una cella, oltre la prigione delle nostre ordinarie esistenze.

mercoledì 29 maggio 2013

Diversi toni di giallo: La danza degli aztechi


Anche un colore come il giallo può presentare numerose sfumature. Quando il giallo incontra la narrativa non si può fare a meno di pensare al delitto, quello perfetto almeno nelle intenzioni magari. E via alle sfumature: il delitto seriale, quello passionale, quello classico della stanza chiusa, il delitto multiplo, quello per interesse e via discorrendo.

Ma le sfumature del giallo sono probabilmente ben più di cinquanta e sarebbe impossibile ora elencarle tutte. Concentriamoci su una di queste per il momento, una sfumatura che potrebbe portarci da subito fuori strada, come molti scrittori di gialli tentano spesso di fare con il lettore.
Il delitto dicevamo, la nostra sfumatura invece ci porta altrove e ci presenta un romanzo giallo dove non c'è delitto, non muore nessuno e non ci sono nemmeno sparatorie. Che cosa c'è allora? C'è la grande idea di uno scrittore, Donald E. Westlake, che decide di mischiare a una trama criminosa un alto tasso d'umorismo e lo fa sin dall'inizio degli anni '60, per un numero totale di romanzi molto, molto considerevole. Westlake ha pubblicato fino al momento della sua morte, avvenuta nel 2008, più di un centinaio di romanzi molti dei quali scritti sotto pseudonimo. A firma Richard Stark la celebre serie dedicata al criminale Parker che vide la luce nel 1962 con il primo episodio dal titolo Anonima carogne, serie di libri che si rifanno agli stilemi più classici dell'hard boiled.
Considerato uno dei maestri del giallo umoristico si è distinto anche come sceneggiatore, nominato all'Oscar per Rischiose abitudini, dai suoi romanzi sono stati tratti anche i filmPayback e Two Much.
In questo La danza degli Aztechi sono riscontrabili sia l'umorismo di fondo che accompagna tutta la vicenda sia, come succede anche nella serie dedicata a Parker, la predilezione per le vicende dei criminali (se così vogliamo chiamarli) più che per quelle di investigatori/tutori della legge.
Il romanzo si apre con un'incipit a mio avviso delizioso:
A New York, tutti cercano qualcosa. Gli uomini cercano le donne e le donne cercano gli uomini. Giù al bar degli invertiti gli uomini cercano gli uomini, e al "Barbara" e al Movimento di liberazione della donna, le donne cercano le donne. Le mogli degli avvocati, davanti a Lord & Taylor, cercano un tassì, e i mariti delle mogli degli avvocati, in Pine Street, cercano il rotto della cuffia. Le passeggiatrici davanti all'Americana Hotel cercano un gabinetto, e i ragazzini che aprono le portiere dei tassì davanti al terminal di Port Autohrity cercano mance. Così come cercano mance i tassisti, i fattorini, i camerieri e gli agenti della squadra Narcotici. I neolaureati cercano lavoro. Gli uomini che portano la cravatta cercano un lavoro migliore. Gli uomini che portano i giubbotti di pelle cercano invece migliori opportunità. Le donne in tailleur di linea severa cercano opportunità uguali a quelle degli uomini. Gli uomini con la cintura di coccodrillo cercano una roulette alla quale si possa barare. Gli uomini con i polsini lisi cercano dieci dollari fino a mercoledì. Gli imprenditori cercano profitti più alti e una bella villa in New Hyde Park.
E avanti così ancora per un pezzo e poi...
A New York, tutti cercano qualcosa. Edi tanto in tanto, qualcuno la trova.
Jerry Manelli gestisce un'impresa illegale di consegne all'interno dell'aeroporto di New York. Ogni tanto Jerry si fa aiutare nei suoi lavoretti dal cognato Frank e dal di lui fratello Floyd. Aggiungiamoci anche l'altro cognato Mel e il gruppo di sfaccendati è al completo.
Fatto sta che in conseguenza di un traffico internazionale d'arte organizzato da tre sudamericani inetti di un paesello dimenticato da Dio, un oggetto del valore di un milione di dollari finisce all'aeroporto dove operano Jerry e soci. Il guaio è che per una serie di equivoci la statuetta finisce insieme ad altre quindici copie come premio da elargire ai componenti di un'associazione di volontariato. Come recuperare il cimelio? A chi dei sedici componenti sarà finito in mano? Ovviamente Jerry e i suoi non sono i soli in cerca della statua, ci sono gli intermediari, veri criminali (ma non troppo seri), gente che viene a sapere della cosa in maniera fortuita e via discorrendo.
Il racconto è un susseguirsi di avvenimenti e scene comiche, la ricerca della statua assume spesso i toni della farsa, la pletora di personaggi invischiati nella faccenda è quasi infinita: oltre a Jerry Manelli e i suoi tre fidi compari ci sono tutti e sedici i membri dell'associazione (o quasi), almeno tre o quattro personaggi di contorno e comparse varie. La scrittura di Westlake (qui tradotto da Laura Grimaldi) corre che è una meraviglia, ti tiene incollato senza esibire particolari voli pindarici. La semplicità è evidenziata già dai titoli dei capitoli, cose come All'inizio..., Ma...Sfortunatamente..., Per non parlare di..., etc...
L'impressione è quella di leggere un film, un film che se realizzato io andrei a vedere molto volentieri. Ci sono tante sfumature di giallo, questa semplicemente è quella spassosa.
La Firma Cangiante


Il Minimal Incipit in apertura del post è per ricordare che questa settimana è partito il sito ufficiale dove si possono acquistare online.

R-HUMOR, le vignette di Rita Pelusio


martedì 28 maggio 2013

Cry Baby

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Cry Baby
(USA 1990)
Titolo originale: Cry-Baby
Regia: John Waters
Sceneggiatura: John Waters
Cast: Johnny Depp, Amy Locane, Iggy Pop, Traci Lords, Susan Tyrrell, Polly Bergen, Ricki Lake, Stephen Mailer, Darren E. Burrows, Willem Dafoe
Genere: rockabilly
Se ti piace guarda anche: Grease, The Loveless, The Rocky Horror Picture Show

One, two, three o'clock, four o'clock rock,
five, six, seven o'clock, eight o'clock rock,
nine, ten, eleven o'clock, twelve o'clock rock,
we're gonna rock around the clock tonight!

Nooo, non siete finiti su Virgin Radio con la sua ultima hit, non avete sbagliato posto, è proprio il vostro Dj Cannibal Kid che vi sta parlando, qui, in diretta, live su Radio Pensieri Cannibali, oh yeah. Sentite un po’, oggi vi presento Cry Baby, una novità assoluta, l’ultimo film con Johnny Depp…




Aspettate, mi avvertono dalla regia che abbiamo una chiamata, scusate per l’interruzione.
Pronto, ciao bello, dicci tutto:
“Cry Baby non è un film nuovo. È vecchio come il cucco e poi…”
Oops, scusa bello, devo aver fatto confusione con le date, comunque che altro volevi dirmi?
“E poi Rock Around the Clock è ancora più vecchia del cucco, coglione!”
Ok, grazie bello per le precisazioni fatte in maniera molto educata ma non è colpa mia, su Virgin Radio me l’hanno spacciata come la nuova hit del momento, quindi sorry a tutti gli amici in ascolto e mi confermano dalla regia che in effetti no, “Rock Around the Clock” non è un pezzo nuovo, lo so, sono shockato anch’io.

Anyways, amici belli in ascolto, andiamo avanti.
Cry Baby, dicevo, un film non nuovo bensì del 1990 e ambientato ancora più indietro nel tempo, pensate un po’ che storia, fino agli anni ’50. Gli anni ’50 del primo rock’n’roll, oh yeah guys, avete capito bene. Il rock’n’roll è ancora vivo e vegeto, alive and kicking, solo qui su Radio Pensieri Cannibali, dove vi teniamo compagnia 24 ore su 24 con musica, parole e tanta pubblicità.
Perché vi consiglio di guardare Cry Baby, amici belli in ascolto? Perché è il non plus ultra del rockabilly. Cioè, in questo film vi potete beccare un sacco di tipi stilosissimi vestiti in perfetto stile rockabilly, con i capelli brillantinati all’indietro e la banana alla Elvis the Pelvis in Memphis Presley. Oh yeah guys, sto parlando proprio di lui, The King. The one and only, you know what I mean? No? Manco io, stavo solo sputando fuori frasi random in inglese perché fa tanto deejay figo one nation one English lesson.
Tra questi tizi rockabilly super figosi c’è anche lui, il più figo di tutti.
Elvis the Melphis in Memphis Presley?
No, non lui. Diciamo allora il secondo dei più fighi figosi di tutti, Johnny Depp!
Sì, proprio lui. L’attore rock’n’roll per eccellenza. Quello che si è ispirato a Keith Richards per il suo Jack Sparrow nei Pirati dei Caraibi e ha vagamente imitato il re del pop Michael Jackson nella sua versione di Willy Wonka. That’s right, guys? Questa è la sua prima storica performance rock’n’roll dove veste i panni proprio di Cry Baby, il personaggio title track, il protagonista della simpatica pellicola. E il Johnny che di sicuro ci sta sentendo in questo momento live su Radio Pensieri Cannibali, quindi lo saluto, è un mio amico, ciao Johnny, è proprio in parte. Lui è nato per fare il rocker, è anche un ottimo chitarrista, ha suonato su alcuni dischi di suoi altri amici rocker oltre a me come gli Oasis e Marilyn Manson. Proprio un tipo giusto, uno rock, no? E quindi se la cava alla stragrande, anche se va detto che i pezzi in cui Cry Baby canta non sono interpretati proprio da lui, Johnny, bensì da tale James Intveld, così come i brani cantati dalla protagonista femminile, Amy Lockane, in realtà non sono interpretati dalla protagonista femminile bensì da tale Rachel Sweet. Ma a proposito di Amy Lockane, in questo film sembrava la sorella maggiore di Kirsten Dunst e poi che fine ha fatto? Mah! Amy, se sei in ascolto anche te di Radio Pensieri Cannibali, chiamaci e facci sapere come ti vanno le cose nella vita, che ci manchi. Ciao Amy, grande!
Perché ho parlato tanto di cantare? Perché questo film è una specie di musical. Se odiate i musical, non preoccupatevi. I momenti musicali non sono tantissimi, non hanno il sopravvento sul resto e soprattutto non sono stracciapalle come Les Miserables. Sono anzi dei momenti molto figosi e molto rock’n’roll. You know what I mean? No? E allora ve ne faccio sentire uno, qui, in diretta solo su Radio Pensieri Cannibali.



Uh Johnny, che voce aauh! Volevo dire… James Intveld, che voce!
Visto? Sentito? Ve l’avevo detto che i momenti musicali non sono una mazzata sulle palle. Sono in verità tra i momenti forti del film. Non ci credete ancora? E allora ve ne propongo un altro, miscredenti.


Niente male, vero?
Se vi aspettavate un Grease parte seconda, a parte che esiste veramente e ha come protagonisti tale Maxwell Caulfield e Michelle Pfeiffer al posto di John Travolta e Olivia Newton-John, questa è un’altra storia. Una storia rock and roll, ok guys? Cry Baby è più che altro una quasi parodia di Grease e, nonostante il titolo, più che piangere, si ride, o, se preferite, si piange dal ridere. La pellicola è infatti firmata da John Waters, quel matto di John Waters, amici belli in ascolto. Un pazzo totale, il re dei freaks, regista di cult movies come Mondo Trasho, e poi di altre spassose genialate come La signora ammazzatutti, Pecker e A morte Hollywood!, così come anche di un altro musical come Grasso è bello - Hairspray. Uno sempre dalla parte dei diversi, degli outsiders, degli strambi e anche questo Cry Baby è un inno alla diversità, uno sfottò all’omologazione, un ennesimo sberleffo ricco di ironia firmato da John Waters, signori e signore, ladies & gents, girls & boys.
Un film in pratica che non può mancare nella collazione di ogni rockabilly che si rispetti, oltre che una pellicola perfetta semplicemente per chi vuole godersi una visione divertente e rock’n’roll, quindi andate a procurarvelo. Ultima curiosità: tra gli attori del cast ci sono pure l’ex pornostar Traci Lords, più Willem Dafoe, già protagonista del film rockabilly di Kathryn Bigelow The Loveless, e poi c’è Iggy Pop. Sì, l’Iguana in persona, that’s right. Che altro aspettate ancora a vedere questo Cry Baby? Io adesso vi saluto e, visto che Rock Around the Clock mi hanno fatto notare che può suonare un po’ datata, non so bene perché, vi lascio in compagnia di una band rock’n’roll di giovanissimi, i One Direction. Buon ascolto!
(voto 7+10)

Dj Cannibal Kid è stato immediatamente licenziato. Ci spiace, fans dei One Direction, ma al loro posto Radio Cannibale vi propone ora un’altra song dalla pellicola Cry Baby. Vai Johnny!

R-HUMOR, le vignette di Rita Pelusio




lunedì 27 maggio 2013

Dall'ipod di Diamond Dog: riflessioni all'ombra di una canzone
The Ballad Of Peter Pumpkinhead - XTC


A volte mi piace sognare come sarebbe stato il mondo se i Beatles non fossero mai esistiti e ad un certo punto fossero apparsi gli XTC da Swindon a insegnare al mondo come si costruiscono perfette canzoni pop immediatamente godibili e memorabili senza essere mai smaccatamente ruffiane o troppo commerciali.
Poi mi sveglio dal sogno e madido di sudore mi ricordo che anche Andy Partridge e Colin Moulding senza i Beatles magari avrebbero fatto il calzolaio o il lattaio a Swindon e non avrebbero mai nemmeno imbracciato una chitarra. E accetto meglio la realtà, facendomene una sana ragione."


domenica 26 maggio 2013

Innocenti nell'oscurità



Caracollando guardò la sua ombra sul marciapiede spostando il collo in avanti. I ragazzi avevano fatto il pieno, tirato a lucido la macchina e messo a punto il motore che rombava una bellezza. Lo guardarono aspettando che salisse. Quella sera si sentiva cosi triste che riusciva a vedere la sua disperazione specchiarsi sotto le luci delle insegne al neon. Con la sua voce rotta e gioiosa Rosa Maria disse: - Andiamo via da qui Bruno, andiamo via, in fondo è tutto quello che desideriamo -. E urlò forte in mezzo alla strada che puzzava di marcio. La guardò mentre scendeva dall’auto con i suoi stivali decorati e la giacca di jeans. Lei rifiutava le fatalità, la rassegnazione era sempre stata la più determinata di tutti loro. 
Quando era poco più di una bambina stava quasi per uccidere il patrigno che aveva tentato di violentarla. Nel sonno gli piantò il collo spezzato di una bottiglia in mezzo al petto. Quell’uomo si salvò perché la forza con cui lo colpi non fu tale da arrivare al cuore. Rosa crebbe pigiando tutto dentro, centrifugando ogni cosa. Il gelo, la paura, la morte, non segnarono mai la sua anima. Tanto che appariva sempre sicura di sé da sembrare invulnerabile. Molti  nel quartiere  confondevano quella voglia di vivere per pazzia, ma lei era tutt’altro che pazza.
- Coraggio ragazzi! – continuò, - Torneremo con il bottino e daremo un senso alle nostre vite, balleremo come spiriti della notte, tutta la notte -. E lo baciò come solo un angelo solitario sa fare. La città era un imbuto, il quartiere un deserto, mentre l’oscurità avanzava e i loro cuori battevano come pistoni. Romeo in piedi sul lato sinistro della strada guardò Bruno. Anche lui aveva raccattato tutto il coraggio che aveva per essere lì quella sera, ma notò delle ombre sul suo viso  che erano le sue stesse ombre.
La luce della vetrina era una stella cadente. Rosa Maria aprì il cofano della macchina, le pistole erano pronte per essere usate. Cadendo nel buio chi si era preso la loro parte migliore? Bruno se lo chiese sapendo che lei non era riuscita a convincerlo. Lei era nata per essere una regina, ma lui non voleva essere un suo martire e lo aveva scoperto casualmente quella mattina.
Alzandosi si sforzò per uscire dal letto. Mentre andava in cucina senti il brusio dei ragazzini del quartiere che giocavano per strada. Si trascinò fino al fornello preparandosi una tazza di caffè.  Accese la radio e  fu investito in pieno da un tizio che con una voce disperata cantava una canzone che lo tramortì all’istante. Quel tizio stava parlando di lui, di Romeo, di Rosa, di Liborio. Si sedette sulla sedia e guardò fuori dalla finestra, ascoltando quelle parole che gli si attaccarono addosso come un tatuaggio sulla pelle:
”Spanish Johnny arrivò ieri notte dai bassifondi con lividi sulle braccia e un’andatura traballante in una Buick tutta ammaccata ma vestito che era uno schianto. Provò a vendere il suo cuore alle dure ragazze di Easy Street ma loro gli dissero “Johnny, il tuo è così facilone e tu lo sai che i cuori oggi sono a buon mercato” e i protettori ruotando i loro bastoni dissero“Johnny sei un imbroglione”, allora i protettori ruotando i propri bastoni dissero “Johnny sei un bugiardo”, e dalla penombra giunse la voce di una ragazzina che disse ”Johnny non piangere” (Incident on 57 Street, Bruce Springsteen).
Dapprima restò stordito, annichilito  su quella sedia, mentre il caffè si gettava di fuori e la moka prendeva fuoco. Il cuore gli si spappolò in mille pezzettini e una lacrima solitaria scese lentamente lungo il viso. Poi il pianto divenne sommesso, lungo, infinito, liberatorio. Quella canzone fu un vero dono di Dio. Per la prima volta in vita sua non si sentì più un relitto, la strada si era ad un tratto illuminata, capì cosa poteva fare e quel dolore sordo che gli stringeva il petto scomparve. Uscì in fretta e furia e andò in città, comprò quel disco di cui si era appuntato frettolosamente il nome ed il titolo e stette tutto il giorno ad ascoltare quelle canzoni che adesso davano un senso alla sua vita.
Rosa Maria si accorse che c’era qualcosa che non andava. Si avvicinò a Bruno cercando di abbracciarlo. Lui fece un passo indietro per non sentire quel calore che lei riusciva a trasmettergli e che lo inebriava, ma nello stesso tempo ebbe paura che lei si accorgesse di quel segreto che celava in fondo, nel buio del suo cuore. Allora davvero avrebbe perso tutto.- Non vengo, Rosa- disse, - Non è la mia vita questa, voglio ricominciare, ma in un altro modo, senza inganni, senza bugie. Ti amo e ti amerò per sempre, ma adesso è tempo che io vada, lo devo a me stesso e alla mia famiglia che mi ha tirato su con fatica. Voglio trovare un posto e ricominciare tutto da capo, in modo pulito, non voglio finire ammazzato o in galera, pretendo una possibilità come per tutti gli altri. Sguscerò nell’oscurità e non mi volterò mai indietro finché sarò sparito ed andrò avanti, avanti da solo e c’è la farò. Puoi contarci -.
La strada si ammutolì  le ombre danzarono al chiaro di luna. Avrebbe bevuto volentieri un sorso d’alcool mentre restava da solo in mezzo alla strada dove non c’era più nulla che gli somigliasse un po’. Poi sentì il clacson della macchina si girò, vide Romeo che, seduto dalla parte del passeggero, gli faceva segno di salire. Bruno corse verso l’auto ed era come se corresse verso la vita, l’unica vera amante di tutti noi.

R-HUMOR, le vignette di Rita Pelusio



sabato 25 maggio 2013

Diretta streaming quarto e ultimo appuntamento "Un Biondillo tira l'altro"


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Quando finisce un amore...


Come sublimare l’abbandono? Uno sguardo complice al barattolo da mezzo kilo di nutella, imbracciare il cucchiaino e ingollarsi con pantagruelica grazia la mitica crema di nocciole, formulando uno strano mix di pensieri negativi verso il fedifrago e positivi verso l’inventore del provvidenziale alimento…

Sir Bradley Wiggins ha abbandonato il Giro d’Italia. Errori di valutazione, una preparazione sbagliata, una primavera folle che più folle non ce né. Wiggo ha lasciato.
E io? Ho pensato di affogare la disperazione nelle maltodestrine o meglio ancora di strafogarmi di carnitina (che magari, invece mi aiuta a bruciacchiare un po’ di ciccia) poi, da quella intellettuale dalle morbide forme quale sono, mi sono buttata anima e corpo nella lettura. Ma non mi sono troppo allontanata dal tema. Da tempo in attesa di lettura, sul mio tavolino giaceva placido “Il Giro a sbafo”.
Di ciclismo si scrive tanto, tutto e di più, Guido Foddis, l’autore, ce ne parla in un modo assolutamente originale, da suiveur … dei catering!!!
Inventatosi la rivista culinaria Mangia Piano, si è autoproclamato inviato ed è partito per la folle impresa di seguire il Giro a costo zero.


Da Le premesse di un’impresa:
“…Ecco quindi che la presa in giro che mi accingo a compiere andrà in eredità agli affamati del domani, coloro che sono costretti a nutrirsi di cibo spazzatura poiché non dispongono di un reddito sufficiente a degustare qualche grammo di leccornia pagando cifre da country club. La mia impresa mostrerà al mondo le infinite risorse cui può attingere un perdente come me quando viene chiamato a sopravvivere. Attraverso questo Giro d’Italia in bolletta svelerò a tutti gli stomaci vuoti quanto cibo gratis si cela dietro le transenne della più importante corsa ciclistica nazionale. Lo faccio anche per tutti i peones come me che mi leggeranno nel tinello di una scalcinata casetta, costretti a stare a galla con uno stipendio che, tolto l’affitto, corrisponde grossomodo a quanto io intendo spendere durante l’intero mese della Corsa Rosa: 250 euro, vitto alloggio e spese di macchina!”…

Non è necessario aver “subito un abbandono” o essere malati di ciclismo per godersi questo libro, piacevolmente scritto come un vero diario di viaggio, con il tono scanzonato di uno che non si prende troppo sul serio…

I.E.

Per accompagnare la lettura:


(Paul Weller & Bradley Wiggins “That’s entertainment” Crisis gig – Hammersmith Apollo 19.12.2012) 

venerdì 24 maggio 2013

New Orleans? No, L'OrablùBar!


Ha ufficialmente inizio una nuova collaborazione con L'Orablù. Siamo infatti lieti di presentarvi il grande Badit, che si unisce a noi dalla meravigliosa Palermo, con infinita fantasimpatia!



giovedì 23 maggio 2013

Buon compleanno Paz!


C’era un volta un ragazzo che si era innamorato di un genio, un genio che si esprimeva attraverso dei pennarelli, pennelli, chine e matite e trasformava i propri disegni in opere vive e le lettere in frasi nuove, squillanti

Questo ragazzo riusciva a vivere storie non sue grazie alle prodezze del genio, quando le leggeva si perdeva dentro talmente tanto da far fatica a tornare alla realtà

Il genio abitava questa terra ma il ragazzo sapeva che questa terra non sarebbe bastata al genio, che il genio la soffriva

Così un giorno il genio decise di abbandonarla lasciando il ragazzo solo, senza storie in cui perdersi

Il ragazzo all’inizio si sentì perso, abbandonato ma risucì a diventare adulto con la consapevolezza di avere avuto un’enorme fortuna che pochi posso raccontare in una vita: aver conosciuto un genio, aver letto, raccolto e tramandato le sue storie, per sempre...

Quel genio si chiamava Andrea Pazienza.

Buon compleanno Paz...

C[h]erotto













mercoledì 22 maggio 2013

Vincenzina - la seconda striscia


Sabato 25 maggio a L'OrablùBar: Gianni Biondillo, Michele Monina e... Eleonora Tosca


Vi abbiamo già detto dell'ultimo appuntamento che Gianni Biondillo terrà a L'OrablùBar vero? e che ospite della serata sarà Michele Monina? sì mi sa che via abbiamo detto pure questo... però c'è un'altra cosa che non vi abbiamo detto... anche perchè l'abbiamo saputo da poco... insieme a loro ci sarà anche Eleonora Tosca, cantante del gruppo pop Ariadineve... cosa aggiungere... la serata si preannuncia proprio come promesso sulle locandine: storie, visioni e musica dal vivo!


martedì 21 maggio 2013

Australia

Australia
(Australia, USA, UK 2008)
Regia: Baz Luhrmann
Sceneggiatura: Stuart Beattie, Baz Luhrmann, Ronald Harwood, Richard Flanagan
Cast: Nicole Kidman, Hugh Jackman, Brandon Walters, David Wenham, Ben Mendelsohn, David Gulpilil
Genere: aborigeno
Se ti piace guarda anche: Via col vento, Moulin Rouge!, Il mago di Oz, Ritorno a Cold Mountain


Non essere piaciuto me molto Australia. Io australiano aborigeno e io essere offeso da questo film. Noi no parlare come bambino della pellicola. Noi parlare peggio.
No piaciuto me, però due cose rimaste me in testa dopo visione. Numero uno: Mrs. Boss o anche Missus Boss. Dopo vedere film, io gridare: “Missus Boss! Missus Boss!” come cretino per due ore almeno.
Perché Missus Boss, Missus Boss?
Perché così bambino del film chiamare Nicole Kidman. Perché essere donna boss. Una che sapere fare valere sue ragioni. Io no vedere mai donna così prima. Come dire noi da parti nostre: avere le palle, quella bianca. Anche se da parti nostre noi chiamare Nicole Kidman anche: “Bella fregna!”, non so da vostre parti come essere costume.
Numero due delle cose rimaste me in testa dopo film: “Somewhere Over the Rainbow”. Io no sapere significato delle parole della canzone, ma io cantare per giorni e giorni. Prima cantare solo canzoni dei One Direction, ora cantare: “Somewhere Over the Rainbow”. Io migliorare. Tra poco magari ascoltare anche Radiohead.


A proposito dei Radiohead, loro cantare canzone su titoli di coda di Romeo + Giulietta. Io amare molto quel film. Io romanticone? Forse, ma io amare amore tragico di Romeo + Juliet, no amare amore ruffiano e stucchevole di Australia tra Missus Boss bella fregna Nicole Kidman e muscoloso stalliere stallone mandriano Hugh Wolverine Jackman. Io sapere cosa significare stucchevole. Mica ignorante, io. Io no parlare bene vostra lingua strana per non dire lingua demmerda, così dire a Roma, ao’? Però io no ignorante. Australia essere troppo sdolcinato. Missus Boss e Wolverine tutti e due vedovi all’inizio litigare e poi dopo trombare? Oh, troppo prevedibile.
E poi 3 ore di film? Voi bianchi noiosi. Voi tirare le cose troppo per le lunghe. Da noi fare film di 5 o 10 minuti massimo, perché noi no avere soldi per fare film lunghi. E perché noi annoiare con film lunghi. Voi no? Voi sprecare tempo. Ricchi bianchi maledetti.


Voi ora contagiare me. Io parlare a vanvera come voi. Io perdere filo di discorso. Io prima parlare di Romeo + Giulietta. Io amare molto quel film. Io avere già detto? Se dopo Australia io gridare: “Missus Boss! Missus Boss!”, dopo Romeo + Giulietta io gridare: “Ulieeeeta!”. Io amare molto anche film dopo di Baz Luhrmann, Moulin Rouge! Io cantare e ballare molto con quel film. E Missus Boss Missus Boss lì era ancora più fregna. Dopo quel film, io no volere gridare. Io volere fare amore con Satine fino a prime luci dell’alba.


Io amare molto cinema di Baz Luhrmann, io già comprare biglietti per Il grande Gatsby, ma io no amare molto Australia. Australia è lungo, noioso, mettere dentro troppi temi: amore, Seconda Guerra Mondiale, dramma di noi bimbi mezzi bianchi e mezzi neri, noi generazione rubata. Troppa roba. Troppa. E i personaggi essere troppo stereotipati. Io sì, sapere anche cosa volere dire stereotipati. E no avere a che fare con stereo. Io sapere. Io no ignorante anche se sembrare parlare come ignorante vostra buffa lingua complicata. Missus Boss, il mandriano, il bimbetto, il cattivone… Quanto essere stereotipati. E poi situazioni troppo alla Via col vento, troppo da pellicola fuori dal tempo, troppo melò, persino per il cinema melò di Baz Luhrmann. Io no piacere Australia. Io però tenere me in testa e per sempre me in cuore due cose del film: “Somewhere Over the Rainbow” e Missus Boss! Missus Boss!

(voto 5,5/10)


R-HUMOR, le vignette di Rita Pelusio


lunedì 20 maggio 2013

Il saggio di fine anno del nostro corso di circo teatro
e il ritorno de Le Bollicine


Quella per il teatro è una passione trasversale, che unisce giovani e meno giovani, in un sogno a occhi aperti che solo le suggestioni che nascono su un palcoscenico sanno creare. Non c'è bisogno di un testo importante per catturare attenzione, basta avere intuizione, freschezza e sincero trasporto, e il gioco delle emozioni riesce comunque, perfettamente. Così, quando vanno in scena Le Bollicine, i giovani attori della compagnia teatrale legata all'associazione culturale L'Orablù, la prospettiva resta intatta e l'arte prende nuova forma, diversa dal consueto forse, ma non per questo meno suggestiva.
I
n un clima festante e informale, ieri pomeriggio, grandi e piccini hanno affollato l'aula conferenze dellla biblioteca di Bollate, per assistere a uno spettacolo giovanefrizzante e divertentissimo, lontano anni luce da quell'idea troppo convenzionale che talvolta, sbagliando, ci facciamo del teatro. Un teatro che, nello specifico, diviene soprattutto un momento di condivisione ludica, in cui il sorriso e la leggerezza illuminano la scena, il silenzio è figlio della partecipazione e l'applauso finale si trasforma in giocosa catarsi.
I primi a esibirsi sono i bambini del Circo Dei Delfini Dal Naso Rosso, piccoli e "avventurosi" artisti, che inscenano uno spettacolo circense in cui abilità, equilibrismo e coordinazione motoria sono l'essenza di suggestive coreografie e brillanti esercizi di giocoleria. Un breve ma coinvolgente antipasto, che scalda il pubblico in attesa dei veri protagonisti della serata.
Quando infatti Le Bollicine entrano in scena per presentare la loro pièce, intitolata semplicemente
"TV", l'emozione è palpabile e gli applausi piovono scroscianti. Nella suggestiva cornice dell'essenziale scenografia ideata da Alberto Ipsilanti, i giovani attori danno vita a una rappresentazione dal ritmo serrato, in cui i dialoghi, spesso surreali e al limite del non sense, gettano uno sguardo beffardamente ironico su un mondo televisivo stereotipato e totalmente privo di contenuti. Quasi Teatro Dell'Assurdo, in cui manca però il senso tragico del dramma, qui sostituito da un approccio testuale, senz'altro ingenuo e scanzonato, ma ricco di lucidi spunti critici. Quarantacinque minuti di autentico spasso, in cui la risata diviene anche strumento non banale di riflessione e approfondimento. Le Bollicine frizzano, divertono e convincono. E soprattutto, ci trasmettono, senza più filtri, l'essenza che dovrebbe animare, sempre, ogni forma d'arte: quella spontaneità che talvolta noi adulti perdiamo di vista e fatichiamo a recuperare.

domenica 19 maggio 2013

Il mio nome è Billy Austin



Mentre mi radono i capelli osservo il mio volto stanco e tirato, sono stati giorni duri questi per me. Ho ingoiato sangue e odio e tutti mi guardano come fossi merda secca. Ma sono un uomo, un semplice uomo, che ha cercato riparo mentre imperversava la tempesta. Sono cresciuto in Oklahoma ma sarei potuto nascere in qualsiasi altra parte del mondo. Quando ero piccolo, rannicchiato nel mio letto, mia madre mi accarezzava i capelli e pregavamo il Grande Spirito. Poi spegneva la luce e mi dava il bacio della buonanotte e non chiudeva mai la porta della mia stanzetta, perché sapeva che avevo paura del buio. Crescendo, sentivo tante cose nel mio cuore. Per questo in un diario segreto scrivevo tutto quello che mi passava per la mente. Me lo ricordo ancora, quel quaderno era a quadretti piccoli con la copertina verde ed è stato il mio migliore amico per tanto tempo. Non mi ha mai tradito. L’ultima volta scrissi che da grande volevo andare dove splende il sole, anche se è la pioggia che fa crescere i fiori.
Quando conobbi Esmeralda fu subito amore. Lei era tutto per me ed io ero tutto per lei. Facemmo l’amore per la prima volta nel granaio in mezzo alle galline. Nessuno dei due sapeva che fare. Provammo vergogna come due bambini, ma ci arrangiammo e fu bellissimo. Avevo sedici anni è il mondo mi rideva, portavo collane e bracciali, avevo i capelli lunghi e scrivevo canzoni. Mio zio Tom, il mio vecchio zio, mi aveva regalato una chitarra Stella che un marines gli aveva venduto quando dovette partire per il Vietnam. Ora quell’uomo è tornato, non suona più la chitarra e abita sulla collina dove coltiva marijuana. Lo zio mi insegnò a suonare le canzoni di Hank Williams, il rock’n’roll e il blues di Mississippi John Hurt. Ma a me piaceva cantare le canzoni che scrivevo, anche se erano storte e sgangherate come diceva lui. Ogni tanto i miei mi permettevano di esibirmi davanti a loro nel cortile di casa. C’erano ancora i miei nonni, si beveva birra e mangiavamo lo stufato di montone. Bei tempi quelli, si proprio bei tempi.
L’amavo la mia Esmeralda, l’amavo con tutto me stesso. Tutti i giorni mi alzavo e andavo a lavorare in un officina meccanica. Avevo le unghie nere e puzzavo di benzina, ma mi piaceva aggiustare le moto, era il mio regno ed ero felice. Il capo mi trattava con dignità e anche i clienti avevano imparato a rispettare un indiano Cherokee. Il sabato, quando il buio calava sulla città, ce ne andavamo in giro abbracciati, lei si metteva il vestito rosso e si agghindava i capelli. Le luci al neon illuminavano i nostri sogni, ero un vero romantico con la mia ragazza di campagna. Le tenevo la mano e le compravo sempre una rosa rossa da Willy il fioraio che aveva i fiori più belli dell’Oklahoma. Non le promisi mai nulla perché le promesse di un uomo sono le menzogne di un altro. Avevo tutto scritto negli occhi. Ringrazio sempre la buona stella che mi ha dato lei. Ecco guarda ho le sue iniziali tatuate sul braccio.
Ero solo un ragazzo, un ragazzo normale che voleva vivere la sua vita. Volevo costruirmi una famiglia come mio papà aveva fatto con la mia mamma. Non mi interessava diventare ricco, ma avrei fatto del mio meglio per renderla felice, prendendomi cura di lei e dei nostri bambini. Quando ci sposammo ci recammo in macchina in Nebraska a trovare dei suoi cugini. Sulla strada sognai molto e ci intendemmo meglio. Quel giorno le nuvole in città erano nere e gonfie d’acqua, ma in seguito il tempo fu bello che arrivammo d’un fiato. Fu in quel viaggio che lei restò incinta di nostro figlio. Se non ero troppo stanco, alle volte suonavo con il mio amico Steve a cui piacevano le mie canzoni. Tutte quelle che ho scritto quando mi hanno arrestato le ho regalate a lui. Durante un colloquio mi guardava e singhiozzava come un bambino. Non c’e giustizia in Oklahoma disse .
Una sera tornando da lavoro mi fermai in quella stazione di servizio come avevo fatto un centinaio di volte per prendere delle birre. Il ragazzo del banco giaceva a faccia in giù sul pavimento in una pozza di sangue. Invece di girarmi e scappare, feci quello che ogni buon cittadino americano avrebbe fatto: aspettai che arrivasse la polizia. Quando giunsero mi guardarono e solo perché ero indiano, dissero che ero stato io a sparare e mi arrestarono. Al processo il giudice mi condannò a morte non avevo i soldi per difendermi. Il mio avvocato d’ufficio alzò le spalle, chiuse la valigetta, girò i tacchi e se ne andò. Fu un gioco fin troppo facile gettarmi in questa cella per nove lunghi anni, dove ho incontrato solo poveri e negri e non tutti colpevoli. Questa è la mia ultima ora. Il prete è venuto a prendermi. La guardia mi ha legato i piedi e le mani con le catene e sta gridando, mentre apre la cancellata, che sono un “Uomo morto che cammina, un Uomo morto che cammina”. Ma chi siete voi per giudicare con certezza che un uomo è colpevole. Mi chiamo Billy Austin, ho 29 anni, sono nato in Oklahoma e vengo dal quartiere Cherokee.



sabato 18 maggio 2013

I Milanoans in concerto - la diretta streaming

Streaming live video by Ustream

Seguite la diretta streaming del concerto dei Milanoans a L'OrablùBar. Buona visione.

Viaggio di un moderno pellegrino

Il sottotitolo di questo libro “Storie di viaggio da Milano a St Moritz” strideva un po’ con il titolo (Cuochi, Artisti, Visionari), forse per questo ha attirato immediatamente la mia attenzione, di solito poco colpita (o forse, in realtà, diffidente) delle “civette” editoriali. Non riuscivo a capire di cosa si trattasse: reportage di viaggio (non obbligatoriamente devono essere fatti rispetto a mete lontane e paradisiache) o piuttosto l’ennesima opera cultural-gastronomica scritta sull’onda del “mangiare bene è di moda”.
Niente di tutto questo, o meglio, più di tutto questo. L’autore viene inviato per una serie di réportages nelle zone di confine tra la Lombardia e la Svizzera: quelle “terre di mezzo” fra la Pianura Padana, la città e la grande civiltà della montagna, dei suoi abitanti e dei suoi prodotti. Un reportage gastronomico, iniziato “sotto il segno della gola”, alla ricerca di coloro che, nel terzo Millennio mantengono vive le tradizioni dei secoli passati (“…E la candela la sta mai ferma e la se moev cum’è la memoria, anca el raagn soe la balaustra ricama el quadru de la sua storia, la ragnatela di me pensee la ciapa tutt quel che riva scià ma tanti voolt la g’ha troppi bocc e l’è tuta de rammendà…”).
Un viaggio, che ben presto si trasforma in un moderno pellegrinaggio. Alle soste nei “crotasc” (in italiano, crotti, grotte originate da frane, quindi “attrezzate” di crepe e scanalature che permettono la circolazione dell’aria) antiche cantine ma anche luoghi destinati all’agape conviviale della domenica, ora per lo più chiusi o (nel migliore dei casi) trasformati in preziose trattorie per gustare la “chisciatola” (una sorta di crèpe, fatta con il grano saraceno) o i pizzoccheri di Chiavenna, piuttosto che la “slinzega” (striscia di carne essiccata); il nostro giornalista alterna incontri con antichi artigiani. Quali gli anziani cavatori di pietra. Di quella pietra ollare che troviamo oggi, bella, squadrata, quasi finta nei barbecues che troneggiano nei nostri giardini o sulle nostre terrazze. La stessa pietra che, scura, diventa rovente al sole. Quella “pioda” (in dialetto) sulla quale qualche antico spaccapietre aveva posato un pezzo di toma o di taleggio, inventando (inconsapevole chef) la svizzera raclette o la lombarda cucina alla pioda...
Un moderno pellegrinaggio fatto anche di esperienze e di ricordi di una terra fra laghi e montagna. La Grigna, il Resegone, il monte Badile: alpi prese d’assalto dai milanesi in libera uscita, da veri montanari e da scalatori della domenica. Le montagne di confine, quelle dei contrabbandieri (“ninna nanna, dorma fioeu che te sognet un sacch in spala per rampegà de dree al tò pà…….so questa vita che vivum de sfroos in questa nòcc che prégum de sfroos….”)
Quei rami del lago di Como, spazzati dalla Breva e dal Tivano (Breva e Tivann, Breeva e Tivann, i tirén e i molen e i te porten luntàn, varda de scià, varda de là, la spunda la ciàma ma la barca la va) . Su su fino all’Engandina, nei luoghi dove visse i suoi ultimi anni il pittore Segantini per cercare di vedere e filtrare con i propri occhi tutto quello che il pittore aveva ritratto nelle sue tele.
Cercare Segantini e scoprire Giacometti. Il primo che in Svizzere cercava la luce, il secondo, di quei luoghi nativo, che cercò l’ispirazione altrove…
Ecco, questo è “Cuochi, artisti, visionari”, di Paolo Paci.
So di aver proposto un triplo salto mortale ai non pratici di dialetti nordici con le citazioni (in originale) delle liriche di Davide van des Sfroos ma l’autentica genuinità delle persone e delle cose incontrate in questo libro hanno spesso richiamato alla mia mente le parole e i personaggi cantati e descritti dal cantautore lariano. Il sottofondo delle sue musiche (in particolare quelle dell’album Breva e Tivan) non è obbligatorio ma vivamente consigliato a chi volesse godere appieno dell’atmosfera che si respira in questo godibilissimo libro di 270 pagine.

I.E.


venerdì 17 maggio 2013

Un Biondillo tira l'altro... ultimo appuntamento sabato 25 maggio, insieme a Michele Monina


Sì, lo sappiamo, manca più di una settimana ma noi siamo previdenti e ci portiamo avanti... ;-) Anche perchè è l'ultimo appuntamento, almeno fra quelli previsti, con Gianni Biondillo e i suoi amici autori. Sappiamo già che ci mancheranno questi sabati, però non è detto che siano finiti del tutto... Per la serata del 25 maggio l'ospite principale sarà Michele Monina.
Instancabile scrittore, critico musicale, reporter, traduttore e autore televisivo, Michele Monina - anconetano di nascita e milanese di adozione - in quindici anni di professione ha pubblicato oltre 60 libri (compreso quelli sotto pseudonimo) tra narrativa, saggistica, libri di viaggio e libri interviste. Ha saputo raccontare in numerose biografie le storie di grandi della scena internazionale musicale e sportiva come Vasco Rossi, Lady Gaga, Valentino Rossi. Recente è il suo mega progetto Grand Tour de Force, composto da 12 reportage su 12 capitali in 12 mesi, ognuno dedicato a una capitale europea al tempo della crisi. Insieme a Gianni Biondillo ha scritto Tangenziali, un insolito reportage sulle tangenziali milanesi girate a piedi. Per la televisione ha ideato il programma Stasera niente Mtv, condotto da Ambra Angiolini.

Non mancheremo la prossima settimana, attraverso questo blog o la pagina facebook, ti ricordarvi questo appuntamento. Nel frattempo vi consigliamo di fare uno salto in libreria, in questi giorni è uscito Cronaca di un suicidio, il nuovo romanzo di Gianni Biondillo.

mercoledì 15 maggio 2013

All’inseguimento del soggetto perduto

- Capo.
- Sì?
- Il soggetto rientra dalla farmacia.
- Bene.
- Entra in casa.
- Bene.

h 10.45
- Cazzo cazzo cazzo!
- Marietti, che c'è?!
- Il soggetto sale in macchina!
- Cosa?!
- Capo, il soggetto sale in macchina ed esce in retromarcia.
- Seguitela, presto!! Salite in macchina, forza!
- Capo, le stiamo dietro.
- Marietti cosa succede?
- Capo non lo so, il soggetto si dirige verso l'uscita del paese.

Vincenzina, la prima striscia

Ecco a voi la prima striscia, pubblicata qualche anno fa, di Vincenzina di Giuseppe Scapigliati.

Dall'ipod di Diamond Dog: riflessioni all'ombra di una canzone
Quando sarai grande - Edoardo Bennato

Continuano gli arrivi all'OraBlù. Approda oggi, Diamond Dog. Il proprietario di Rocksaloon ci delizierà dalle pagine del nostro blog fornendoci spunti per ascolti vecchi e nuovi, mediati da un punto di vista diverso dal solito.

BURATTINO SENZA FILI
Concept album troppo spesso dimenticato, uno dei primi dieci dischi della storia della Musica Italiana. Il Pinocchio moderno di Edoardo Bennato, il capostipite, e, forse, l'unico vero rocker italiano, resterà pe sempre scolpito nella nostra memoria. Qui di seguito, il gran finale del disco, l'amaro destino di quello che "voleva diventare uno di noi..."

martedì 14 maggio 2013

Pusher

-->Pusher
(Danimarca 1996)
Regia: Nicolas Winding Refn
Sceneggiatura: Jens Dahl, Nicolas Winding Refn
Cast: Kim Bodnia, Mads Mikkelsen, Zlatko Buric, Laura Drasbæk, Peter Andersson, Slavko Labovic, Nicolas Winding Refn
Genere: spacciato
Se ti piace guarda anche: Pusher 2, Pusher 3, Bleeder, Drive

Una settimana nella vita di un pusher. Non è un nuovo reality di Cielo, non è il sostituto di Teen Mom su Mtv, bensì è il film d’esordio di Nicolas Winding Refn. Il danese che tutti amiamo per Drive e che qualcuno, come me, allo stesso tempo odia anche per il comatoso Valhalla Rising. Prima dell’esplosione mondiale, prima del suo ingresso nella Hollywood che conta, prima della sua venerazione a livelli quasi religiosi e terrencemalickiani, tutto ha avuto inizio con Pusher.


Come anticipato, Pusher parla di un pusher, uno spacciatore, uno che si guadagna da vivere vendendo la roba. Che vi aspettavate, d’altra parte, con un titolo del genere? Un film su un chierichetto? Nel mostrarci una “tranquilla” settimana del suo protagonista, Refn non si risparmia certo. Da una materia tanto pulp, il regista ha tirato fuori un film tanto pulp con sesso (più parlato che fatto), droga e rock’n’roll, così come scatti di violenza improvvisi, qualche rissa e scene leggermente splatterose. Da una materia così pulp, volendo il Refn avrebbe potuto esagerare ancora di più, d’altra parte eravamo proprio nel mezzo dei pulpissimi anni ’90, ma il suo intento non sembra quello di voler stupire a tutti i costi per gli eccessi di quanto filma. Il danese sembra voler stupire più per la messa in scena, che per come mette in scena. E ci riesce alla grande.

In quanto opera d’esordio, ci troviamo di fronte a un film ancora acerbo, eppure lo stile del regista emerge già con prepotenza. La primissima scena, i titoli di testa che ci introducono i personaggi con il loro nome scritto in sovrimpressione, ci riportano nel mezzo di una scelta stilistica tipicamente anni ’90. Considerata la tematica tossica, l’impressione iniziale è allora quella di potersi trovare di fronte a una copia danese di Trainspotting o poco altro. Bastano pochi minuti e l’impressione si rivela subito sbagliata. Sbagliatissima. Refn non sembra avere l’intenzione di copiare nessuno, semmai è alla ricerca di uno stile proprio. Uno stile che in apparenza può sembrare di stampo documentaristico, ma non è così. Il regista non adotta quello stile mockumentary che nel nuovo millennio avrebbe conosciuto grande fortuna. Refn segue i personaggi con macchina da presa a mano, segue da vicino il suo pusher protagonista, per fortuna evitando quell’effetto tremolante da mockumentary, appunto. Pur girando con un budget ridotto, Refn fin dal suo esordio vuole fare Cinema, grande Cinema, non robette dal sapore amatoriale. Pusher passa così dall’essere un potenziale clone pulp dei successi in auge negli anni Novanta, o dall’essere un potenziale documentario pseudo realistico sulla vita di uno spacciatore, all’essere un piccolo e prezioso saggio cinematografico su come seguire un personaggio e gettarci all’interno della sua vita. Una lezione da cui sembra aver tratto insegnamento anche il Darren Aronofsky di The Wrestler e Il cigno nero, pellicole in cui si instaura un rapporto quasi fisico tra macchina da presa e personaggio in una maniera molto vicina a quanto visto in questo Pusher.
Naturalmente questo folgorante esordio getta anche le basi per il Refn-style successivo, quello che sviluppato a dovere e con alcuni accorgimenti lo porterà a realizzare il suo capolavoro, Drive. Un elemento fondamentale nella riuscita di quest’ultimo è la scelta delle musiche. L’atmosfera electro-pop tanto anni ’80 e contemporaneamente attuale getta la pellicola in una dimensione fuori dal tempo molto originale. In Pusher invece la selezione musicale è più scontata e tipicamente anni ‘90. A tratti la soundtrack del film spacca parecchio, però non colpisce fino in fondo. Per la scena dell’inseguimento del pusher con i poliziotti, viene ad esempio usato un pezzo punk-rock; una scelta efficace, quanto prevedibile, laddove quella di Drive è parecchio più imprevedibile.

Altro elemento che non convince del tutto è la costruzione del personaggio protagonista, il pusher Frank, interpretato da un ottimo Kim Bodnia, che tornerà anche nel successivo film di Refn, Bleeder. Seguiamo questo personaggio per un’intera settimana, eppure non scatta mai nei suoi confronti una vera empatia. La freddezza emotiva credo sia una scelta precisa del regista, qui anche sceneggiatore a quattro mani con Jens Dahl, però a coinvolgere maggiormente sono i personaggi secondari. Sono loro a regalare i momenti più “umani” alla pellicola: il picchiatore che confessa il suo sogno di aprire un ristorante, o la prostituta innamorata del pusher Frank, così come la madre dello spacciatore che cerca di aiutarlo finanziariamente, e una maggiore umanità la si ritrova persino nella sbruffonaggine del suo amico Tonny, interpretato dal sorprendente esordiente Mads Mikkelsen, che ritroveremo protagonista assoluto di Pusher II. Una freddezza emotiva che verrà risolta in Drive in maniera non ruffiana o cuoriciosa, solo regalando al protagonista Driver un maggiore sentimentalismo. Rendendolo più umano, “a real human being, and a real hero”.
Il finale di Pusher è sospeso, proprio come quello di Drive. Laddove quest’ultimo lascia però con la sensazione di aver assistito a qualcosa di pienamente riuscito e con un gusto buono, Pusher lascia un po’ l’amaro in bocca. Un esordio folgorante, un talento registico genuino da tenere d’occhio, ma anche l’impressione che manchi qualcosa. Col senno di poi, possiamo comunque dire che Refn con Drive riuscirà a portare a completo compimento quanto di buono mostrato con un esordio che, sempre col senno di poi, non si è certo rivelato un fuoco di paglia.
E adesso? Adesso non ci resta che attendere Only God Forgives fiduciosi, per scoprire se il danese saprà far battere i nostri cuoricini come con Drive o se riuscirà persino a volare ancora più in alto. Una cosa sembra però certa: almeno per gli occhi, sarà uno spettacolo tutto da non perdere.
(voto 8-/10)

Cannibal Kid